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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

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Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
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Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
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Dall'Alpe di Poti a Cascia, passando per l'Amiata e la Verna. Settant'anni di ritiri

Campo di Marte, l’autogestione del dopoguerra, i picnic di Bassi a Pieve Santo Stefano, l’afa di Pergo. E quella volta che Riccomini riuscì a portare Maradona al Comunale. Ecco un breve sunto della storia amaranto raccontata grazie alle località che hanno ospitato la preparazione estiva



Ezio Capuano in ritiro a Cascia (foto arezzocalcio.com)Per la seconda stagione consecutiva gli amaranto stanno svolgendo la preparazione in Val Nerina, in Umbria. Stavolta a Cascia agli ordini di mister Capuano, l'anno scorso a Norcia. Ma esiste qualche luogo portafortuna, riferito ai ritiri amaranto? Facciamo un passo indietro e vediamo cosa ne pensa la storia.

Il primo raduno del dopoguerra non fu in realtà niente di particolarmente esotico, in grado di stuzzicare la fantasia dei tifosi del tempo. Il 29 agosto 1945 l’allenatore Italo Rossi si presentò alla squadra direttamente presso gli spogliatoi del vecchio stadio di Campo di Marte. Era un mercoledì e il terreno di gioco era ancora ricoperto dai detriti e dalle carcasse dei treni fatti saltare in aria durante i bombardamenti alla vicina stazione. Non a caso, per permettere un ritorno alla normalità a tutti i livelli, il campionato ebbe inizio solo due mesi più tardi, quando gli amaranto di Enzo Pecchi, Gambi e Giannini, furono sconfitti a domicilio dalla corsara Carrarese. Comunque, guerra o non guerra, in quel periodo di soldi ce n’erano ben pochi e il luogo del ritiro coincideva sempre con il terreno di gioco del vecchio stadio Mancini.

Nel 1951, a dire il vero, mancava anche l’allenatore, tant’è che, prima dell’arrivo di Biagini, la preparazione venne autogestita dai giocatori. In particolare da capitan Siro Giannini da Subbiano e dal buon “traliccio” Arrighi. Pochi gli agi e le comodità, tanto il sudore che stillava dalle fronti e dai muscoli dei ragazzi amaranto, abituati a convivere con il doppio ruolo di calciatore non professionista e lavoratore. Del fresco, neanche a parlarne. In città, d’estate, il caldo era insopportabile però cosi era, se gli pareva. E comunque si riusciva a fare gruppo lo stesso: negli anni ’50 il bravo Miro Scatizzi si divertiva a riprendere scene goliardiche all’interno degli spogliatoi, con uno dei primi prototipi di telecamera.

 

anni '50, allenamento allo stadio ManciniVerso la metà degli anni ’60, il luogo deputato per i ritiri amaranto era la vicina Alpe di Poti, luogo ameno e all’altitudine necessaria per ossigenare i muscoli dei “cavallini rampanti”. Poti diventò la prima località portafortuna, in quanto fu proprio all’Albergo dell’Alpe che venne preparata la stagione 1965-66, quella del primo approdo in serie B per i ragazzi di Cesare Meucci.

Negli anni ’70, la “moda” del momento indicava in Pieve Santo Stefano il luogo adatto e deputato a “rifornire” i polmoni dei calciatori amaranto. I più attempati ricorderanno che proprio nel ritiro della Pieve si consumò la rottura della stagione 73-74 tra l’allora presidente Montaini e l’allenatore Bassi, morto suicida alcuni anni fa. Bassi fu sorpreso dai dirigenti ad applicare una metodologia di allenamento poco spartana, fatta di merende e pic-nic nei vicini campi che danno sull’Appennino tosco-romagnolo. La sonora sconfitta di Terni nella prima di campionato gli fu fatale e venne sollevato di peso dall’incarico. Ma l’Arezzo continuò ancora a recarsi a Pieve Santo Stefano l’anno successivo, allenatore Landoni. Finì decisamente male e per questo non si può considerare la località tiberina come un luogo adatto agli scaramantici, anche se poi l'Arezzo c'è tornato dal 2007 al 2009.

Negli anni ‘80 si puntò sul monte Amiata. Fu grazie al ritiro di Arcidosso che l’Arezzo di Riccomini ebbe la possibilità di bagnare l’esordio italiano di un certo Diego Armando Maradona. Decisiva l’amicizia tra il mister amaranto e l’allenatore dei partenopei, Rino Marchesi, in ritiro nella stessa località grossetana per concordare l’amichevole poi disputata allo stadio Comunale. In quel periodo, anche l’Inter venne affrontata per una gara non ufficiale che è ad oggi l’unico incontro tra l’Arezzo e i nerazzurri milanesi. Lontani i tempi nei quali la prima uscita amaranto avveniva rigorosamente contro il Subbiano.

Poi l’Arezzo cadde in disgrazia e dai fasti della serie B si ritrovò di nuovo a sgomitare in serie C. Soldi pochi e ritiri formato provincia. Chiusi della Verna ospitò l’Arezzo nell’estate del 1991, accogliendo come se fossero dei messia i nuovi arrivati Rebesco e Ianuale, colui che si vantava di aver giocato una gara amichevole a fianco di Maradona, quando era nelle giovanili del Napoli. In assoluto, il peggior ritiro che si ricordi fu però quello della stagione successiva, con la rattoppata truppa di Menchino Neri chiamata al cimento nella vicina e afosa Pergo, nei pressi di Cortona, che aveva come unico vantaggio quello di far risparmiare le vuote casse amaranto.
L’Arezzo fallì e la ripartenza fu dura.

 

anni '70, i giocatori faticano al ComunaleIl primo raduno della squadra di Vittorio Marini si svolse ai campini dell’antistadio con alcuni dei nuovi arrivi che si presentarono addirittura a piedi. Dopo un mese era già campionato e gli amaranto andarono ad impattare, con un gol di Bracciali, nel temibile (sic) campo del Tolentino allenato da un certo Castori.

Ci fu poi l’epopea di Cosmi che portò in dote il ritiro portafortuna di Anghiari, salvo l’ultima stagione, quella di Bazzani per capirci, quando gli amaranto si trasferirono nelle lontane Alpi Giulie, a Ravascletto. Non andò male se è vero che l’Arezzo sfiorò la promozione in B, mancata per un soffio nello spareggio playoff di Ancona. A dire la verità, il grande Serse un anno si inventò anche il ritiro prima del termine della stagione. Ricordate? L’Arezzo preparava gli spareggi playoff di serie C2, poi vinti contro lo Spezia a Pistoia e il tecnico trascinò i suoi ragazzi una settimana nelle acque dell’Isola d’Elba, a Procchio. I ritiri “esotici” sembravano portare buono. Cosi, anche senza un soldo in tasca (di nuovo), l’anno successivo il patron Bovini decise di optare per Piancavallo, convinto forse dai buoni uffici di Cabrini, uno che di preparazioni estive se ne intendeva.

Fu la Valle d’Aosta ad inaugurare la serie dei ritiri targati Piero Mancini, nella ridente (chissà poi che c’era da ridere) località di Verrès, che si esaltò nel vedere da vicino le gesta dei vari Aglietti, Firicano e soci… E pensare che a pochi chilometri c’era nientemeno che la Juventus. L’anno dopo Beruatto fu meno fortunato di Discepoli, anche se il ritiro scelto era comunque una località conosciuta, ovvero Sportilia nell’appennino forlivese. Sportilia, il luogo dove anche la classe arbitrale si ritrovava agli ordini di Bergamo e Pairetto, ma non osiamo pensare che abbia potuto consumarsi l’incontro tra i dirigenti amaranto e un Titomanlio qualunque. L’ultima promozione, quella con Mario Somma, fu propiziata dai buoni uffici dell’aria di Città della Pieve, località che si prestava benissimo allo scopo.

Il resto, più che storia, è cronaca. Ognuno la pensi come vuole, ma la scaramanzia c’entra poco in questi casi. Per vincere serve ben altro che andare ad effettuare la preparazione in un luogo ritenuto fortunato. Servono qualità tecniche e programmazione. Anche se, come suol dirsi, non è vero ma ci credo.

 

scritto da: Luca Stanganini, 20/07/2014





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