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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Alessandro e Riccardo a Parigi
NEWS

La ribalta che spaventa. Arezzo in crisi, città alla finestra. Tutte le difficoltà del piano A

Il passo indietro di Ferretti ha fatto rumore e ha spinto il sindaco Ghinelli a metterci la faccia, con l'annuncio di un progetto operativo legato al coinvolgimento di aziende aretine e di un piano B, spostato fuori dai confini della provincia. L'impressione, nonostante la scottatura del 2010 e il sasso nello stagno lanciato da Marco Massetti, è che anche stavolta bisognerà guardare lontano per trovare qualcuno interessato a fare calcio. Nell'ultimo periodo, tanti nomi accostati a vario titolo ai colori amaranto: da Tartaglia a Perpignano, da Nuccilli a Pasquariello, da Ius a Di Matteo: tutti non aretini e tutti senza il nero su bianco finale



Una ridda di nomi lunga così, una lista di contatti mai diventati contratti, di abboccamenti, di caparre, di bilanci da spulciare e una due diligence sempre evocata e mai conclusa con il nero su bianco. La storia recente dell'Arezzo è costellata di trattative più o meno riservate che hanno tenuto banco per un po' e che si sono volatilizzate in fretta. Responsabilità di chi doveva vendere, che cambiava idea in corso d'opera; mancanze di chi era interessato a comprare, che al momento di frugarsi in tasca si tirava indietro: non è semplice discernere, anche perché certi scenari non sono mai neri o bianchi ma tendono spesso al grigio.

 

Comunque. Andando a memoria e analizzando soltanto l'ultimo periodo, tornano alle mente i nomi di Raffaele Tartaglia, immobiliarista romano che poi acquistò la Carrarese senza grandi fortune. Oppure Giuseppe Perpignano, ex patron del Bogliasco e contestato presidente del Barletta, che dopo aver carezzato l'idea amaranto, si spostò a San Giovanni Valdarno nel marasma più totale. Il caso più eclatante è quello di Alessandro Nuccilli, chiacchieratissimo nel mondo del calcio eppure capace di mettersi al tavolo con Ferretti e strappare un rogito notarile per l'acquisizione del 51 per cento. Che poi, per fortuna, non andò a buon fine. Aggiungiamo Dario Pasquariello, mediatore per conto di un gruppo rimasto a mezz'ombra che aveva all'interno anche l'ex agente Franco Zavaglia. Ultimamente sono rimbalzati i nomi di Gianluca Ius, manager finito nel calderone di ''mafia capitale'' per uscirne pulito, accostato in passato anche al Foligno e all'Ancona, e Nicola Di Matteo, imprenditore nel settore edile con la passione per il calcio, che lo ha portato a legare il suo nome al Mantova e al Santarcangelo.

 

i fatturati delle maggiori aziende aretine (fonte reportaziende.it)Tutti sono stati accostati all'Arezzo, in modo più o meno diretto, ma nessuno ha sciolto le riserve. Nemmeno i Della Valle e nemmeno Ferrero, proprietari di club di serie A come Fiorentina e Sampdoria e con un pensierino verso l'amaranto in due periodi diversi. I personaggi di cui sopra, più e meno solidi, più e meno conosciuti, più e meno fidati, hanno un denominatore comune: non sono di qui. Dalla città non è mai partito un input di questo tipo, nemmeno quando la gestione Ferretti ha cominciato a mostrare le prime crepe. Va anche sottolineato che da qualche anno in qua, le sponsorizzazioni locali sono state una costante: da Gecom a Gimet-Brass, da Galvamet a Chimet, da Euronics a Gp Motors, da Menci a Morettini (e ne mancano altri). L'imprenditoria ha risposto ma ha preferito mantenere un ruolo defilato, scartando l'ipotesi di gestire o cogestire direttamente la società.

 

E' quanto sta accadendo anche adesso. Il passo indietro di Ferretti ha fatto rumore e ha spinto il sindaco Ghinelli a metterci la faccia, con l'annuncio di un piano operativo A, legato al coinvolgimento di aziende aretine, e di un piano operativo B, spostato fuori dai confini della provincia. L'impressione, nonostante la scottatura del 2010 e il sasso nello stagno lanciato da Marco Massetti, è che anche stavolta bisognerà guardare lontano per trovare qualcuno disposto, o meglio interessato, a fare calcio ad Arezzo. Uno status quo spiegabile in mille modi ma che è cristallizzato e apparentemente immodificabile. Chi denigra a spron battuto gli aretini e la città, ha torto marcio. Abbiamo dei difetti però, come tutti. E uno di questi difetti è l'incapacità di comprendere che lo sport in generale e il calcio in particolare, se fatto nei giusti modi, può avere un ritorno di qualità. I soldi c'entrano, ma fino a un certo punto.

 

scritto da: Andrea Avato, 20/10/2017





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