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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Gufo all'Amsterdam Arena
NEWS

Competenza, professionalità, autorevolezza. L'area tecnica è una priorità assoluta

La stagione non è ancora finita, il progetto avviato la scorsa estate invece sì. Il fallimento è figlio soprattutto di una gestione bizzarra, con un direttore sportivo che non ha mai messo la faccia sulle scelte fatte e un altro troppo inesperto per maneggiare una situazione diventata incandescente. L'Arezzo ha cambiato due volte la rosa in pochi mesi, al punto che è quasi impossibile pretendere un'identità di squadra in questo finale di stagione. Nei giorni precedenti la partita con il San Donato, allo stadio non c'era un dirigente, situazione che si sta ripetendo spesso. E Mariotti, che non è mai stato l'uomo giusto al posto giusto, da gennaio tiene in piedi lo spogliatoio da solo. Serve una svolta



Il progetto tecnico dell'Arezzo anche per quest'anno è fallito. Il primo posto è andato, il secondo pure e i play-off, da blindare nelle ultime sette giornate, avranno un senso solo se poi condurranno al ripescaggio, eventualmente da pagare con moneta sonante. I risultati ottenuti finora con le dirette concorrenti (3 pareggi e 3 sconfitte) non invitano all'ottimismo, ma tutti sanno che il calcio è strano e che le partite di fine stagione vanno per conto loro. Dunque è giusto restare sul pezzo, cosa che peraltro la squadra sta facendo da qualche settimana.

Il progetto, si diceva, è fallito e i distacchi in classifica lo testimoniano. L'Arezzo paga l'incosistenza di una struttura tecnica che non è mai stata solida, credibile, autorevole e che, cammin facendo, si è sgretolata di fronte alle difficoltà, al punto che da quando è tornato in panchina, Marco Mariotti sta tenendo in piedi la baracca praticamente da solo. I giorni precedenti la partita con il San Donato, non c'era un dirigente al campo, situazione che ultimamente si va ripetendo spesso. A Tavarnelle l'area tecnica era assente. Dopo la sconfitta di Trestina, la contestazione dei tifosi e l'addio di Lomasto-Foggia-Strambelli (con tutto quello che ha significato), il rischio che lo spogliatoio mollasse del tutto e si ritrovasse al posto del Montespaccato o dello Scandicci era concreto. Non è successo grazie all'allenatore, che lo spogliatoio l'ha tenuto insieme.

Eppure Mariotti, a ben guardare, non è mai stato l'uomo giusto al posto giusto nel momento giusto. L'Arezzo, dopo la retrocessione dalla C, aveva bisogno di un profilo diverso, con un curriculum diverso, con uno stile comunicativo diverso. Mariotti è sembrato da subito troppo ruspante, con metodi troppo spicci per venire qua a vincere e convincere, impresa ardua per chiunque dopo la disfatta di Cesena, con una proprietà sfiduciata dalla gente oltre che pervicace nel confermare i suoi impopolari uomini chiave.

 

Nonostante il buon avvio di stagione (5 vittorie, un pari e una sconfitta nelle prime 7 giornate), Mariotti è finito subito nel mirino e non ne è uscito più, pagando sia le responsabilità che aveva sia quelle che non aveva. La squadra quasi mai è sembrata organizzata, con il piglio di chi vuole mangiarsi gli avversari. Ha sempre vissuto su alcuni concetti di base e sulle individualità, perché Mariotti è un allenatore che privilegia un calcio di sostanza, di combattimento, di agonismo: lo testimoniano le idee che esprime nelle interviste, che specialmente nel post gara sono un suo punto debole. 

Mariotti inoltre sconta il peccato originale di essere stato scelto da chi? Mai svelato. Muzzi ufficialmente non si è mai intestato questa decisione, De Vito nemmeno. E questo è andato a scapito proprio dell'allenatore, che invece avrebbe avuto bisogno di uno schermo, una guida, un consiglio. Una legittimazione. Nelle società normali sarebbe successo, qua il ds d'inizio stagione non ha mai, nemmeno una volta, spiegato una scelta, motivato un acquisto o una cessione, difeso o pungolato l'allenatore o la squadra. Silenzio totale fino all'addio anticipato.

Lì poi la situazione è precipitata. Invece che correre ai ripari, la società ha giocato d'azzardo promuovendo Tromboni dalle giovanili, troppo giovane e inesperto per maneggiare una patata incandescente. Una svolta che è stata dettata dalla totale inconsapevolezza di cosa ci sarebbe stato da gestire, dalla mancanza di conoscenza delle più elementari dinamiche del calcio. Il mercato, condotto anche con qualche intuizione apprezzabile, era il compito più semplice da svolgere. Il difficile era tutto il resto, che puntualmente si è rivelato una mannaia.

 

Lasciando da parte la parentesi Sussi, pure lui promosso in panchina, sfiduciato e fatto fuori in due mesi (non due anni, due mesi!), resta il vulnus di una gestione tecnica improvvisata, con un mercato di riparazione che è stato di rifondazione, giocatori cardine presi, strapagati e congedati, una rosa completamente modificata al punto che oggi è anche difficile pretendere di intravedere automatismi e un'identità di squadra. Un esempio che rende l'idea: in 27 giornate l'Arezzo ha giocato con 9 coppie centrali diverse in difesa. 9! Un record probabilmente.

La mancanza di figure autorevoli nell'organigramma è la carenza più urgente da risolvere. Vista da fuori, l'Arezzo sembra una società dove ognuno va per conto suo, senza una strategia tecnica ma nemmeno di relazioni con l'esterno, dove ogni tanto salta fuori qualche iniziativa estemporanea e dove l'allenatore è il parafulmine di tutte le magagne, mentre invece, al netto dei suoi difetti, è l'unico veramente credibile nel ruolo che ricopre.

Oggi c'è una stagione da portare a termine e da ottimizzare il più possibile, con una squadra che sul piano dell'impegno e dell'applicazione ultimamente non ha mai deluso. Ha perso qualche punto, ma è un altro discorso. La sfida vera è garantire ai 150 che erano a Tavarnelle in Val di Pesa (e a tutta la piazza) un futuro all'altezza delle ambizioni che questo club deve avere. Che non significa vincere per forza, anche se in D è praticamente un obbligo. Significa puntare su professionalità e competenza. Va bene anche a giugno. Ma se è prima, meglio.

 

scritto da: Andrea Avato, 05/04/2022





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