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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

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C'era bisogno di un uomo di calcio così. Competenza, relazioni, vittorie. I segreti di Giovannini

Classe '64, il nuovo direttore generale dell'Arezzo si presenta con un curriculum infarcito di successi sportivi e di ottimi risultati finanziari. Zero social, ama parlare solo se la squadra perde, è un cultore della stabilità: a Pontedera ha avuto due allenatori in dieci anni, gli organici li costruisce in estate perché l'inverno serve solo per i ritocchi. Ha un tesoretto prezioso di contatti e relazioni e per completare il progetto granata rifiutò un contratto a Empoli. La sua vera sfida sarà assorbire le pressioni di una piazza disillusa, diffidente ma attaccatissima ai colori amaranto



Paolo Giovannini, 58 anni a luglio, neo dg dell'ArezzoL'Arezzo aveva tremendamente bisogno di un uomo di calcio come Paolo Giovannini. Il curriculum parla per lui e se è vero che le vittorie di ieri non garantiscono i successi di domani, è vero pure che adesso la società si è coperta le spalle. Ha preso una decisione logica, razionale, ha messo a fare il direttore generale uno che può attingere dal serbatoio dell'esperienza, della conoscenza, della competenza. Qua non si tratta solo di mercato, che sotto certi aspetti è la cosa più semplice di tutte, specie se blasone e denari non mancano. Qua si tratta di gestire, di annusare l'aria che tira, di vedere più in là di domani, percepire cosa serve ad allenatore, squadra, società, pubblico. Giovannini aveva diversi club che gli tiravano la giacca, ma ha scelto l'Arezzo. Qualcosa vorrà dire.

Classe '64, zero social, è uno che ama parlare ma solo se serve veramente. “In conferenza mi vedrete quando si perde, quindi spero di rado” diceva nei giorni scorsi, rispettando una regola che si è sempre imposto. Ha vinto tanto ma con poche società: nel tritacarne del calcio di oggi, preferisce la stabilità. A Pontedera in dieci anni ha avuto solo due allenatori, Indiani e Maraia. E le squadre le costruisce d'estate, perché l'inverno serve per i ritocchi e basta.

 

In un'intervista di qualche tempo fa a LoSpallino.com, spiegò che “i rappporti umani sono importanti. Ho una visione del club a 360 gradi e credo che la lealtà e l'onestà intellettuale siano alla base del mio lavoro. Quando poi i collaboratori vedono il tuo impegno, è difficile che ti prendano in giro. Il calcio è uno sport di gruppo, non contano le cene fuori, sono tutte cazzate. Conta solo la tolleranza per mettere assieme trentacinque teste, dal presidente al magazziniere”.

Giovannini è uno che sa come si vince. A Castelnuovo Garfagnana portò la squadra in C2 con Favarin in panchina. A Massa passò dalla D alla C1 con Indiani. A Lucca fece di nuovo il doppio salto, ancora con Favarin. E a Pontedera è arrivato dalla C2 alla C1 con Indiani. Binomi di ferro, segnale di legami saldi fondati sulla fiducia professionale e personale.

 

 

L'Arezzo l'ha scelto perché garantisce identica affidabilità sia in serie D che in Lega Pro. Nella prima ipotesi bisognerà provare a vincere il campionato, nella seconda mettere le basi per un futuro sereno sul piano tecnico e finanziario. Serviranno giovani che tra i dilettanti devono giocare per forza e in C, tramite il minutaggio, portano un bel po' di soldi. Il miracolo Pontedera si basava proprio su questo: qualche over motivato e ragazzi in prestito con appiccicate valorizzazioni da diverse migliaia di euro, tenendo nel giusto equilibrio la competitività della squadra e i bilanci.
Bartolomei, Luperini, Settembrini, Di Noia, Frare, Gonnelli, passati sotto le mani di Giovannini, sono nomi che spiegano più delle parole questo percorso virtuoso.

Il direttore ha una rete di contatti e relazioni personali che rappresentano un tesoretto prezioso. Se c'è un ragazzo di prospettiva e Giovannini chiama, Giovannini il ragazzo lo porta a casa. Con l'Empoli per esempio ha un rapporto di fiducia che va avanti da anni e che nel 2019 stava per concretizzarsi in un contratto. Poi però l'amore per Pontedera e il progetto da portare a compimento lo spinsero a dire no. E si torna alla ricerca di quella stabilità di cui si parlava prima.

 

Cultore del 352, modulo che ha caratterizzato il decennio granata, Giovannini lo considerava il sistema di gioco ideale per rendere al massimo. In D però sarebbe diverso. Il neo dg dell'Arezzo ama vivere la partita dalla panchina e tenere tutto sotto controllo, settore giovanile compreso. Alla mano, molto presente, ha dimostrato con i fatti di sapersi adattare a realtà molto differenti tra loro.

La sua vera sfida in amaranto sarà proprio questa: assorbire le pressioni di una piazza delusa dalle ultime annate ma con una grande fame di calcio, diffidente ma entusiasta, disillusa ma attaccata alla sua squadra. E con il centenario dietro l'angolo da festeggiare nel miglior modo possibile.

 

scritto da: Andrea Avato, 13/05/2022





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