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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Lucignano amaranto con Mario Somma
NEWS

Le fornaci di Cincelli

Cincelli è una piccola frazione nei pressi di Ponte Buriano, a circa mezzo chilometro dalle sponde dell’Arno. Il suo nome deriva dal latino centum cellae e fa riferimento alle camere di cottura delle fornaci dove si produceva la celeberrima ceramica aretina in epoca romana.



alcuni esempi di vasi coralliniCincelli è una piccola frazione nei pressi di Ponte Buriano, a circa mezzo chilometro dalle sponde dell’Arno. Il suo nome deriva dal latino centum cellae e fa riferimento alle camere di cottura delle fornaci dove si produceva la celeberrima ceramica aretina in epoca romana.

La fortuna di questo luogo furono le cave dalle quali si estraeva tanta argilla di ottima qualità. Ciò trasformò Cincelli nel più importante distretto aretino di produzione vascolare esterno alla città.

Alla fine del I secolo a.C. possedeva un laboratorio in questa zona Gaio Cispio.

In quegli anni anche il famoso ceramista Marco Perennio, che aveva la propria sede centrale nei pressi dell’odierna Santa Maria in Gradi, aprì una succursale a Cincelli. La sua azienda, intorno al 25 d.C., passò nelle mani di Publio Cornelio, che la ingrandì facendola diventare una delle più importanti fabbriche per la produzione di ceramica di tutto l’impero. Questa si trovava non lontano dal luogo in cui si erge oggi la chiesa di Santa Maria Assunta. A poca distanza, vicino alle rive dell’Arno, altri imprenditori avevano domiciliato stabilimenti minori.

I resti delle fornaci di Cincelli furono scoperti nel XVIII secolo, quando riaffiorarono delle murature in piccoli mattoni e grandi depositi di scarti di lavorazione.

Sempre nella zona furono ritrovate le vasche utili a far decantare l’argilla, nonché stampi e strumenti da lavoro tipici dei vasai. Questi oggetti risalivano al periodo d’oro della ceramica aretina, quello a cavallo tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., ma Arezzo vantava già in epoca etrusca, intorno al IV secolo a.C., un’ottima reputazione riguardo la creazione di vasellame.

Nei secoli successivi le maestranze aretine si mantennero al passo con i tempi e questo consentì alla città di reggere l’urto dell’avanzata di Roma e di divenire un centro produttivo romano importante, a differenza di molte altre realtà etrusche che andarono incontro a un declino inesorabile.

Nel II secolo a.C. Arezzo era una rilevante produttrice di ceramica a vernice nera. La svolta epocale, però, arrivò a metà del I secolo a.C., quando fu brevettato un sistema in grado di garantire ai vasi aretini la totale impermeabilità: nascevano gli Arretina Vasa.

La caratteristica vernice rosso corallo, che in verità era una patina (ingobbio) che ricopriva il manufatto, permise ai ceramisti di realizzare vasellame esteticamente bellissimo, leggero, resistente, efficace per conservare gli alimenti e di facile pulizia. Tutte queste peculiarità consentirono la diffusione dei vasi “corallini” in tutto l’impero.

una veduta di Cincelli, frazione di Ponte BurianoGli oggetti venivano prodotti in serie, tramite stampi, un’idea rivoluzionaria per l’epoca, che portò a una sorta di antesignano lavoro a catena. Questo permetteva una maggiore produzione, accompagnata da una qualità del prodotto indiscutibile.

I vasi riportavano, tramite un bollo (cartiglio) impresso sull’oggetto, il nome del ceramista, mentre le decorazioni a rilievo, se previste, erano ottenute mediante l’uso di matrici dette sigilla.

Nelle grandi fabbriche aretine, come quella di Publio Cornelio a Cincelli, i manovali estraevano l’argilla e la sistemavano a depurare nelle vasche di decantazione. Nel reparto delle matrici il figulus sigillator ideava le decorazioni e sotto la sua direzione si creavano modelli, punzoni, sigilli e stampi. Nel settore della tornitura si realizzavano i vasi e gli accessori (anse, manici, orli e piedi) che venivano in seguito applicati all’oggetto nel reparto della finitura.

Quindi il vasellame finiva nel settore della cottura e inverniciatura. L’oggetto subiva una prima infornata. Successivamente si stendeva la vernice rossa e si procedeva con una seconda cottura.

Non tutti gli studiosi concordano con questa ultima fase: per alcuni c’era una sola cottura, eseguita dopo la verniciatura del manufatto ancora fresco.

La parte conclusiva prevedeva lo stoccaggio nei magazzini o l’imballaggio della merce per essere trasportata in tutto il mondo allora conosciuto. Non a caso, tra la seconda metà del I secolo a.C. e tutto il I secolo d.C., gli Arretina Vasa rappresentarono la maggiore e migliore produzione di ceramica da mensa in circolazione.

Per approfondire: Arretina vasa. La ceramica aretina da mensa in età romana. Arte, storia e tecnologia (Franco Paturzo, Edizioni Calosci 1996)



scritto da: Marco Botti, 04/12/2008