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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
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Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Cristian e Veronica a Capo Nord
NEWS

La chiesa di Sant'Antonio Abate a Saione

Via Vittorio Veneto è una strada moderna, tra le più importanti e trafficate di Arezzo. Qui in passato correva la principale via consolare dell’intero territorio, la Cassia Vetus (o Clodia), che provenendo da Roma si infilava nell’insellatura di Olmo per giungere ad Arretium. In epoca romana nella zona dovevano sorgere anche gli edifici dei saiones, ovvero gli impiegati imperiali addetti a riscuotere i pedaggi e le imposte per chi entrava in città. Nel Medioevo la popolazione tese a rinchiudersi entro le mura cittadine o a spostarsi nelle zone incollinate e per questo motivo l’area di Saione divenne aperta campagna, dove far pascolare greggi e mandrie. È tra l’890 e il 900 che probabilmente fu innalzato un piccolo gioiello che ancora oggi possiamo ammirare, nonostante sia oppresso da moderne costruzioni che lo sovrastano da tutti i lati: la chiesa di Sant’Antonio Abate.



Sant'Antonio Abate sorge lungo via Vittorio VenetoVia Vittorio Veneto è una strada moderna, tra le più importanti e trafficate di Arezzo. Qui in passato correva la principale via consolare dell’intero territorio, la Cassia Vetus (o Clodia), che provenendo da Roma si infilava nell’insellatura di Olmo per giungere ad Arretium.

In epoca romana nella zona dovevano sorgere anche gli edifici dei saiones, ovvero gli impiegati imperiali addetti a riscuotere i pedaggi e le imposte per chi entrava in città.

Nel Medioevo la popolazione tese a rinchiudersi entro le mura cittadine o a spostarsi nelle zone incollinate e per questo motivo l’area di Saione divenne aperta campagna, dove far pascolare greggi e mandrie.

È tra l’890 e il 900 che probabilmente fu innalzato un piccolo gioiello che ancora oggi possiamo ammirare, nonostante sia oppresso da moderne costruzioni che lo sovrastano da tutti i lati: la chiesa di Sant’Antonio Abate.

Quelli erano anni in cui si era intensificata la devozione per questo santo eremita, protettore degli animali, dopo che le sue reliquie da Alessandria d’Egitto erano state portate in Francia. In una zona ricca di pascoli non poteva che ergersi un edificio a lui dedicato, dove gli aretini dell’epoca potevano portare a benedire le proprie bestie.

Nel XII secolo la chiesa subì un totale rinnovamento in stile romanico, che per buona parte è giunto a noi, e nel 1483 venne unita in perpetuo alla Canonica di Lignano.

Nel 1767 Arezzo fu investita da una tremenda epidemia di tifo e Sant’Antonio Abate fu utilizzata come luogo di sepoltura per 97 vittime del morbo.

Tra il 1777 e il 1779 fu eseguito un restauro secondo i canoni imperanti con il rifacimento del portale, lo spostamento del presbiterio e la costruzione del campanile a vela.

All’interno furono affrescate le pareti e l’abside da Liborio Ermini, un pittore aretino del Settecento poco conosciuto. Tutte queste pitture sono ormai quasi scomparse.

Alla fine di quel secolo Luigi Chiari realizzò una scultura lignea piena di tensione che rappresenta Cristo caduto sotto il peso della croce. L’opera ancora oggi campeggia nella chiesa.

Dopo secoli di patronato da parte di tre importanti famiglie nobili aretine, i Testi, i Marsuppini e i Bacci, nei primi anni dell’Ottocento l’edificio passò sotto la tutela dei Centeni-Romani, divenendone nel 1861 un sepolcreto di famiglia.

Nel primo Novecento perse lentamente la sua funzione religiosa e durante la Prima Guerra Mondiale fu utilizzata come granaio.

Nel 1921 iniziò un primo recupero con l’eliminazione degli intonaci che riportarono alla luce le splendide bozze di pietra locale. Dal 1926 al 1933 divenne provvisoriamente chiesa parrocchiale, gestita dai Frati Minori, mentre a poca distanza si stava costruendo un luogo di culto più grande e adatto a raccogliere i credenti del quartiere di Saione in pieno allargamento.

La chiesa è l'oratorio ufficiale del Quartiere di Porta Santo SpiritoNel biennio 1952/53 ci fu un nuovo intervento conservativo e nel 1967 l’immobile fu donato dai Centeni-Romani alla Provincia Toscana dei Frati Minori di San Francesco Stimmatizzato.

L’ultimo importante restauro, terminato nel 1986, ha restituito alla struttura l’aspetto più vicino alla versione romanica. Nel 2010, al di fuori, è stato realizzato un piccolo sagrato.

Oggi Sant’Antonio Abate, oratorio ufficiale del Quartiere di Porta Santo Spirito, si fa ammirare per la semplice facciata e la preziosa abside, entrambe in contrasto con l’edilizia dozzinale circostante che nel Dopoguerra ha reso anonime un po’ tutte le periferie italiane, quella di Arezzo compresa.

Internamente l’edificio ha assunto il ruolo di “piccolo pantheon” aretino, dove si trovano varie immagini della cristianità alle quali l’osservante si può affidare.

Le tante candele accese a qualsiasi ora del giorno e la poca luce naturale che filtra nella chiesa creano un fascino mistico che scaraventa il visitatore in una dimensione remota.

Per approfondire: La chiesina di Saione sec. XI. Sant’Antonio Abate (Ugolino Vagnuzzi, Edizioni Calosci 2000)



scritto da: Marco Botti, 26/10/2007