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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
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Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
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Porta San Lorentino

Porta San Lorentino è una delle quattro porte, assieme a San Clemente, Santo Spirito e Crucifera, appartenenti alla cinta muraria voluta dai Medici nel XVI secolo.



Le mura alla ghibellina della porta furono realizzate negli anni Trenta Porta San Lorentino è una delle quattro porte, assieme a San Clemente, Santo Spirito e Crucifera, appartenenti alla cinta muraria voluta dai Medici nel XVI secolo.

Degli ingressi alla città cinquecentesca è quello meglio conservato, in quanto le porte di Santo Spirito e Crucifera sono state abbattute nell’Ottocento, mentre quella di San Clemente ha subito nel tempo rimaneggiamenti che ne hanno alterato consistentemente l’aspetto originario.

Porta San Lorentino è l’erede naturale dell’antica Porta Fori, collocata nella parte iniziale dell’odierna via Ricasoli e poco distante dal Prato, luogo dove sorgeva il Foro romano. Nelle prime decadi del XII secolo, quando la città tornò ad ampliarsi dopo i cosiddetti “secoli bui” dell’Alto Medioevo, Porta Fori fu trasferita all’altezza di Piaggia di Murello, ma la forte espansione del secolo successivo e l’esigenza di una nuova cerchia muraria la fecero ulteriormente avanzare fino all’incrocio tra le attuali via San Lorentino e via Garibaldi.

Fu in questo periodo che perse il vecchio nome acquisendo quello corrente, in riferimento alle due chiese dedicate ai protomartiri aretini Lorentino e Pergentino. La prima è collocata al Canto alla Croce nel luogo in cui, secondo la tradizione, i fanciulli furono martirizzati nel 250 d.C., la seconda è sita in via Marco Perennio, lungo il Castro, dove i due vennero seppelliti.

Durante la gloriosa epopea tarlatesca si decise di costruire una cinta ancora maggiore, la più ampia della storia di Arezzo. Intorno al 1319 Porta San Lorentino fu realizzata all'incirca dove si trova l’attuale.

Negli anni Trenta di quel secolo, come le altre nove entrate della città, anch’essa fu impreziosita con una Madonna con il Bambino, realizzata in pietra arenaria da un anonimo artista locale. Nel 1384 Arezzo perse la sua indipendenza cadendo sotto il definitivo dominio fiorentino.

Nel Cinquecento le nuove tecniche militari pretesero un adeguamento delle fortificazioni cittadine. Essendo terra di confine con lo Stato Pontificio, Arezzo venne dotata da Cosimo dei Medici di una fortezza e di un nuovo perimetro murario, più piccolo del precedente, con meno ingressi e provvisto di sette bastioni difensivi. Fu edificata anche la nuova Porta San Lorentino e nel frattempo iniziarono i lavori per il vicino baluardo.

Il 15 novembre 1553, durante la fase sbancamento, fu ritrovato tre metri sotto terra un meraviglioso bronzo etrusco risalente al IV secolo a.C., la celebre Chimera. È probabile che quest’opera avesse fatto parte di un santuario situato nella zona, come fanno presupporre la serie di bronzetti ex-voto recuperati assieme al mostro mitologico.

La Chimera di Arezzo fu ritrovata nel 1553 nei pressi della portaNel 1644 la porta subì una consistente ristrutturazione che le donò pressappoco l’aspetto attuale.

Il 18 ottobre 1800, proprio da San Lorentino, le truppe napoleoniche riuscirono a entrare in città mettendola a ferro e fuoco. Quella fu la tremenda ritorsione per i moti del “Viva Maria” che l’anno prima avevano cacciato l’occupante francese.

Negli anni Trenta del Novecento vennero aperti i due archi secondari per migliorare la circolazione veicolare e il tratto di mura limitrofo fu merlato alla “ghibellina”.

Il 15 maggio 1999 segnò una data memorabile per Arezzo: a ricordo della scoperta archeologica per la quale questa zona della città è nota in tutto il mondo, venne collocata sotto la porta una stupenda copia della Chimera. Più in su, all’interno del superbo torrione, trova invece sede il Quartiere di Porta del Foro.



scritto da: Marco Botti, 10/10/2008