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La Cappella della Madonna del Conforto. Dal terremoto del 1796 alla devozione della città

All’inizio del febbraio 1796 Arezzo fu soggetta a delle scosse di terremoto che andarono avanti per un paio di settimane. Il 15 di quel mese, nello scantinato di un ospizio camaldolese nei pressi di Porta San Clemente, alcune persone rifugiate stavano pregando una maiolica raffigurante la Madonna di Provenzano, annerita dalla polvere e dalla fuliggine. Improvvisamente, secondo la tradizione, la figura iniziò a risplendere, si fece bianchissima e il terremoto terminò. Nacque così la devozione della città per la sua Protettrice



l'immagine della Protettrice della cittàAll’inizio del febbraio 1796 Arezzo fu soggetta a delle scosse di terremoto che andarono avanti per un paio di settimane.

Il 15 di quel mese, nello scantinato di un ospizio camaldolese nei pressi di Porta San Clemente, alcune persone rifugiate stavano pregando una maiolica raffigurante la Madonna di Provenzano, annerita dalla polvere e dalla fuliggine. Improvvisamente, secondo la tradizione, la figura iniziò a risplendere, si fece bianchissima e il terremoto terminò.

Il 19 febbraio, dopo alcuni giorni di titubanza, il vescovo Niccolò Marcacci acconsentì al trasferimento della piccola immagine in Cattedrale, dando inizio alla devozione per la cosiddetta Madonna del Conforto, culto che ha segnato la storia aretina degli ultimi secoli.

 

Sotto la pressione di migliaia di persone giunte in città da tutta la diocesi, il 10 aprile dello stesso anno si decise di costruire una cappella all’interno del Duomo, dove venerare il quadretto miracoloso.

Del progetto fu incaricato l’architetto fiorentino Giuseppe Del Rosso che, per meglio adeguare la nuova realizzazione all’impianto gotico della Cattedrale, la delineò a tre navate con abside e cupola, in stile neogotico e decorazioni di stampo neoclassico.

Nel frattempo da tutto il territorio giunsero vere e proprie processioni di aretini che portarono offerte in denaro e materiale per contribuire all’edificazione della cappella. Rimane famoso l’episodio del grosso macigno che gli abitanti di Giovi trasportarono a mano.

Il 5 agosto fu posta la prima pietra e nel 1823, quando fu terminato l’altare maggiore, i lavori poterono dirsi conclusi. Il risultato finale era un tripudio di marmi, sculture, tele dipinte e affreschi, ai quali si aggiunsero splendide terrecotte robbiane prelevate da altri luoghi di culto cittadini.

 

Alla Cappella della Madonna del Conforto si accede dalla parete sinistra del Duomo, tramite una cancellata in ferro battuto.

Sulla destra del cancello si trova un’Assunzione di fine Quattrocento, attribuita alla bottega di Andrea della Robbia, che sormonta il monumento funebre marmoreo del vescovo Agostino Albergotti, eseguito dal carrarese Odoardo Baratta nel 1825.

A sinistra dell’entrata, invece, è stata collocata la Madonna con il Bambino e i santi Pietro e Bernardo. Si tratta di due robbiane riunite: la Vergine con il Bambino è risalente agli ultimi anni del XV secolo, mentre i santi Bartolomeo e Bernardo facevano parte di un’Adorazione di inizio Cinquecento.

Nella parete di destra della cappella è da ammirare la grandiosa tela con Giuditta che mostra al popolo la testa di Oloferne, dipinta dal più importante pittore neoclassico toscano, l’aretino Pietro Benvenuti. La prima versione del quadro, eseguita nel 1798, fu ceduta a Lord Hervey, conte di Bristol. La nuova fu realizzata dall’artista nel 1803 e collocata nella cappella l’anno successivo. Nel 1805 giunse per ammirarla niente poco di meno che il grande Antonio Canova.

 

la Cappella che si trova presso il Duomo di ArezzoIn fondo alla stessa navata è stata sistemata una stupenda terracotta invetriata raffigurante la Santissima Trinità tra i santi Bernardo e Donato di Andrea della Robbia.
Fu plasmata tra il 1485 e il 1486 per la chiesa della Santissima Trinità (o della Misericordia).

Sulla parete di sinistra si trova la tavola con la Madonna in trono tra i santi Donato, Maddalena, Apollonia e Bernardino, altra strabiliante invetriata della bottega di Andrea della Robbia di fine Quattrocento, trasportata nel 1811 dalla basilica di San Francesco.

Opposta alla tela del Benvenuti è posizionata quella di Luigi Sabatelli, personaggio di prim’ordine del Neoclassicismo toscano, datata 1806 e raffigurante Abigail che placa Davide.
L’altare maggiore, realizzato nel 1823 da esperti scalpellini toscani con pregiati marmi policromi, fu disegnato dal grande architetto romano Giuseppe Valadier, mentre gli angeli laterali e quelli che sostengono la corona sono ancora di Odoardo Baratta.
La preziosa urna di argento del 1804, che conserva la Madonna del Conforto, è del noto orefice capitolino Giuseppe Spagna.

 

A destra dell’altare fa bello sfoggio di sé la Madonna in adorazione del Bambino (o Madonna del cuscino), meritevole opera robbiana del 1480.

Dall’altro lato si trova il monumento funebre del vescovo Niccolò Marcacci, colui che autorizzò la costruzione della cappella. Il complesso marmoreo fu scolpito nel 1804 dal fiorentino Stefano Ricci, lo stesso che all’inizio degli anni Venti realizzerà anche la statua di Ferdinando III di Lorena, oggi sita in Piaggia di Murello.

La cupola, la calotta dell’abside e le volte delle campate presentano affreschi raffiguranti scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, eseguiti tra il 1799 e il 1802.

Nei primi due casi l’autore è il pratese Luigi Catani, mentre le volte sono state dipinte dall’affermato pittore milanese Luigi Ademollo, ideatore anche delle quattordici stazioni della Via Crucis.

 

Per approfondire: Guida illustrata al Duomo di Arezzo (Andrea Andanti, Tipografia Artigiana Ezechielli 2004)


scritto da: Marco Botti, 15/02/2016





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