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Blog. Le lacrime di Serse, le manie di Inzaghi, il Trestina di Zampagna: sana voglia d'ignoranza

Cercasi genuinità e passione autentica nel calcio moderno. Ventiquattr'ore dopo il 9 giugno, giorno in cui ad Arezzo l'attaccamento alla maglia è diventato un valore metafisico, la gente si gode l'abbraccio consolatore di Oddo a Cosmi: perché chi perde non è necessariamente un fallito. E così fa breccia la scelta di Superpippo, che passa dai lustrini di San Siro alla Lega Pro di Venezia, mentre il bomber che in amaranto sostituì Bobo Pilleddu, adesso fa l'allenatore. Ma come dice lui!



l'abbraccio di Oddo a Cosmi dopo Trapani-PescaraL'ignoranza calcistica oggi fa tendenza. Decine di siti tematici solleticano il desiderio della gente di ritrovare un calcio più genuino, dal quale attingere valori veri e tramandabili. Perché ignoranza, in quest'epoca, significa soprattutto schiettezza, passione autentica. Noi ad Arezzo siamo reduci dal 9 giugno, che resterà in eterno il giorno in cui il bene prezioso dell'attaccamento alla maglia ha assunto una dimensione metafisica, quindi possiamo capire bene il concetto.

Una volta Massimo Gramellini, su La Stampa, scrisse: ''Siamo fermi al Colosseo. Un ammasso di spettatori passivi, per lo più di sesso maschile, delega le proprie rivendicazioni a un gruppo di professionisti che fingono di condividerle. Esattamente ciò che accade in politica, altra attività molto dibattuta da noi maschi. Voglio guarire, ma non so come si fa''.

Firmò quell'articolo dopo una batosta sportiva, una delle tante volte in cui tra squadra e pubblico si era creata una barriera insormontabile. I calciatori sono cambiati, forse sono cambiati anche i tifosi, è cambiato tutto.

 

Di qui la voglia d'ignoranza. Di sentimenti autentici. Come quella volta in cui Menchino si sentì crollare il mondo addosso e poi lo colpì in rovesciata, infilandolo sotto l'incrocio.

Come ieri sera in quel di Trapani, dove in mezzo alla bolgia, stordito dalla delusione per la sconfitta e dallo stupore nel vedere che il pubblico applaudiva lo stesso, Serse Cosmi ha pianto. Uno dei re della genuinità in lacrime, buttato in panchina, a quasi 60 anni, come un ragazzo qualsiasi sugli spalti. Oddo, prima di andare a godersi la festa, gli si è seduto vicino e l'ha abbracciato. Improvvisando un copione che ha fatto breccia. C'è voglia di ignoranza in giro. E c'è voglia di andare al di là della rabbia: uno che ha perso non è un fallito, si merita una pacca sulla spalla piuttosto che un calcio al culo.

 

Ma ignoranza, nel senso che piace, è anche l'impeccabile Pippo Inzaghi, il centravanti e poi allenatore vissuto tra lustrini e paillettes a San Siro, che prende cappello e scende in terza serie, a guadagnare un decimo di quello che avrebbe guadagnato ovunque. Gli hanno affidato la panchina del Venezia e lui, il primo giorno, ha detto: ''Conosco tutti i giocatori della Lega Pro, è una malattia mia da sempre, da quando ero giocatore''. Verità, non bugia di comodo. Inzaghi è maniacale: ricorda uno per uno le centinaia di gol segnati in carriera, compresi i due timbrati contro l'Arezzo. E giudicate voi se questa non è ignoranza allo stato puro.

Interpretare il calcio come vorrebbe chi paga il biglietto. Una filosofia rivoluzionaria che Riccardo Zampagna ha esibito spesso come una medaglia appuntata sul petto. Bomberone potente e talentuoso, ad Arezzo arrivò a sostituire un'icona come Bobo Pilleddu. La staffetta più ignorante di sempre. Poi ha segnato gol in A, ha litigato in modo sano con gli avversari, ha deciso di fare il mister cominciando nientepopodimeno che dal Macchie, squadra di prima categoria. Quindi è andato ad Assisi, in Promozione. Adesso allenerà il Trestina in serie D. Non vuole rotture di palle e fa bene.

Quelle vere per davvero sono storie che intrigano. Ce ne sono così poche che quando vengono fuori fanno audience, molto più del solito circo di nani e ballerine.

 

scritto da: Andrea Avato, 10/06/2016





Oddo e l'abbraccio consolatore con Cosmi

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