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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

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Samuele e Marco al Vicente Calderon di Madrid
NEWS

La gente si sente presa in giro. Le colpe di Ferretti, le ambiguità di Neos: insopportabile!

Una storiaccia come questa sarebbe stata difficile anche solo da immaginare, al termine di una compravendita dai contorni poco chiari e con personaggi che si sono dileguati dopo appena venti giorni. L'ex presidente si è seduto in tribuna domenica scorsa a fianco di Riccioli e chissà cosa frullava in testa a tutti e due. Adesso, nonostante le leggerezze e le superficialità, l'unico che può combattere la nostra guerra è Matteoni, al quale però chiediamo fatti e non più parole



il presidente Matteoni in tribuna vipCi hanno preso per il culo. Nella maniera più sfacciata, più volgare, più irriguardosa e vergognosa che ci potessimo immaginare; anzi una presa per i fondelli così grossa non saremmo mai arrivati nemmeno ad immaginarcela nonostante la sfiducia, i sospetti, gli ultimi mesi trascorsi passando da una brutta notizia all’altra, ma così no. Così non è né tollerabile né sopportabile. Ferretti ha imbastito una cessione dai contorni che sono apparsi da subito non chiari. Personaggi che si nascondevano dietro un poco più che neo costituito consorzio dal capitale sociale irrisorio (versato per un quarto, tra l’altro), gente che prima ha faticato a mettere il nome accanto ad un incarico e che poi si è dileguata dopo nemmeno venti giorni. Il tutto senza mai avere la faccia per presentarsi alla città, ai giornalisti, ai tifosi.

 

La trasparenza implorata e richiesta per anni è stata ulteriormente bestemmiata con la firma di un accordo dagli aspetti misteriosi che solo ieri ha svelato come fossero a carico della vecchia proprietà alcuni adempimenti monetari. Per il vero non è chiaro se si trattasse degli impegni legati alla scadenza del 16 dicembre o di altro ancora; resta il fatto che un accordo subordinato al fatto che la Programma Mutuo, che già aveva mancato parzialmente i pagamenti di giugno e ottobre, era evidentemente destinato in partenza a non stare in piedi. Mi chiedo e chiedo a chi di competenza (sindaco in testa): lo sapevate? Se sì, l’offesa all’intelligenza degli aretini si fa ancora più grave, se no aumenta a dismisura la dabbenaggine suicida. Ad aumentare l’onta, il vecchio massimo dirigente si è presentato in tribuna domenica, senza aver effettuato i pagamenti e sapendo benissimo che non aveva alcuna intenzione di onorare l’impegno che pare avesse preso con la controparte. Tranquillo come non mai ha voluto irriderci ancora una volta con un ultimo sberleffo ignobile.

 

Riccioli e Ferretti in tribuna contro la CarrareseE che dire di Riccioli che, al netto di certe iniziative almeno opache dell’ultima fase della presunta cessione e sulle quali è bene stendere un velo pietoso, ha continuato per giorni e giorni a giurare in conferenza stampa, in televisione, con una irritazione malcelata nei dopo partita, che il debito dell’Unione Sportiva Arezzo ammontava a “soli” 600.000 euro, per altro rateizzati? Lo ricordiamo tutti con quale aria di scandalo liquidava i rumors cittadini che a braccio indicavano il macigno che gravava sulla società a non meno di 1,5 milioni di euro. E ora che la fogna s’è scoperchiata, che ha da dire? Anche lui domenica era seduto in tribuna vip, accanto al suo mentore, e chissà cosa gli frullava nella testa a tutti e due sapendo quel che sarebbe successo di li a qualche ora.

 

Quel che non sapremo mai è chi e quando ha deciso di costituire questo consorzio e di incrociarlo con i destini del sodalizio amaranto. Quel che non sapremo mai sono gli inconfessabili accordi che hanno preceduto la firma e cosa si è rotto subito dopo, tanto da non far riuscire nemmeno la prima parte della recita e far saltare il banco alla prima scadenza. Ma alla fine non ci interessa nemmeno, perché i fatti qualificano da soli gli uomini che ne sono stati protagonisti. Adesso di nuovo sembra tutto perduto, adesso con il nodo alla gola e le lacrime agli occhi apriamo convulsamente i notiziari per sapere e per capire ma ad onor del vero quel che si vede fa male e quanto a capire non se ne parla proprio. Restiamo attaccati alle promesse dell’unico che pur in maniera discutibile ha almeno avuto il coraggio di metterci la faccia prima e dopo, di far cadere il velo sui retroscena e sul buco di bilancio: il non-presidente Matteoni (pure questo resterà nella storia dell’Arezzo, siamo forse l’unica società della storia ad avere un non-presidente).

 

A lui si può addebitare sicuramente superficialità e leggerezza nel fare proclami e nel gigioneggiare davanti alle telecamere senza essere sicuro di avere le spalle coperte. Sua la responsabilità del comunicato di martedì mattina che dava per pagati gli stipendi quando non era vero. Però è l’unico che è qui con noi oggi e che, almeno a parole, manifesta la voglia di combattere la nostra stessa guerra. Mi sento però di consigliargli di abbassare un po’ i toni, di lasciar perdere i “warning” e i calciatori maleducati perché in questa storia di stronzi ce ne sono a iosa e non sono né i giornalisti di Arezzo, né i blogger, né i tifosi in genere né tantomeno i calciatori che hanno fino ad oggi onorato in maniera splendida la nostra adorata maglia. Le minacce le lasci per chi le merita e se si guarda intorno, tra quelli che credeva essere suoi amici, di gente meritevole di avere il dito puntato contro ne trova quanta ne vuole. A lui adesso chiediamo i fatti e anche se comprendiamo la necessità di organizzarsi, li chiediamo alla svelta.

 

E’ bene anche che sappia, Matteoni, che non ascolteremo più le parole e che non ci crediamo molto al lieto fine, ma non vogliamo nemmeno rinunciare a quell’unica possibilità che ci resta per salvare la baracca e vedere di arrivare alla fine di un dolore infinito. Per questo vogliamo provarci ma lui deve lavorare perché si possa fare insieme: squadra, tifosi, città, istituzioni e classe imprenditoriale (di nuovo? sì, per la miseria). Chieda aiuto al sindaco Ghinelli (sul quale pesa quel ''mi fido di Ferretti'' e che deve fare ammenda fosse solo per quello), cerchi di mobilitare intorno a lui risorse locali che se c’erano un mese fa potrebbero esserci anche oggi. Il presupposto di tutto ciò però è dire la verità. Non tacere niente, rendere pubblici i conti per quanto brutti possano essere e coinvolgere. Perché, Matteoni, per lei sarà diventata una questione di principio (e le fa onore, oggettivamente, essere ad Arezzo e non comodamente a sfancularci da un divano delle terrazze romane), ma per noi è molto di più. Per noi è tutto, è la nostra storia, è la nostra identità, è il nostro sentimento profondo perché l’Arezzo siamo noi e non vogliamo rinunciare di nuovo a noi stessi.

 

scritto da: Paolo Galletti, 21/12/2017





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