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SERIE D GIRONE E - 1a giornata

RISULTATI CLASSIFICA PROSSIMO TURNO
Flaminia4 set15Livorno
Gavorrano4 set15Tau Altopascio
Ghiviborgo4 set15Ponsacco
Orvietana4 set15Arezzo
Poggibonsi4 set15Grosseto
Sangiovannese4 set15Ostiamare
Seravezza4 set15Città di Castello
Trestina4 set15Pianese
Terranuova4 set15Montespaccato
MONDO AMARANTO
Fabio, Stefano, Nicoletta e Roberta a Cuba
NEWS

Anche i tifosi, nel loro piccolo, vincono le partite. Ecco perché sto dando una mano a OA

Ho scelto di mettere il mio mattoncino per Orgoglio Amaranto perché se ce ne stiamo tutti con le mani in tasca a guardare le cose da fuori mentre succedono, non ci sarà niente di cui potremo lamentarci, dopo. Perchè quello che fa appassionare ad una squadra è salire i gradoni della curva, indossare la sciarpa coi colori della propria città, abbracciare una persona che conosciamo appena (o per niente) dopo un gol. Perché quella vittoria contro il Verona non la scorderò mai



Roberto Gennari da tre mesi fa parte del consiglio direttivo di Orgoglio Amaranto, il comitato di azionariato popolare nato nel 2010 che detiene l'1% delle quote sociali della Società Sportiva Arezzo. In queste righe che seguono, ha voluto spiegare perché ha deciso di impegnarsi in prima persona, assecondando la passione per il calcio che, come successo a molti di noi, ha scoperto fin da bambino.

 

Ho scelto di dare una mano ad Orgoglio Amaranto perché credo che il calcio della gente sia l'unico che possa appassionare davvero. Ho scelto di mettere il mio piccolo, insignificante mattoncino perché se ce ne stiamo tutti con le mani in tasca a guardare le cose da fuori mentre succedono, non ci sarà niente di cui potremo lamentarci, dopo. Ho scelto di farlo perché sogno di poter stare in uno stadio gremito a sventolare i vessilli amaranto insieme ai miei figli, cantando quei cori che quando ero un adolescente mi hanno fatto innamorare della maglia più bella che ci sia. C'è una scritta su un pilone vicino a casa mia che dice "ma quale divano e serie A, tifa la squadra della tua città".

Credo che sia una rappresentazione abbastanza vicina alla perfezione di quello che è il mio modo di vivere il rapporto con la squadra di calcio e il luogo da dove veniamo: le partite di calcio davanti ad una TV sono spesso un ottimo sostituto di un film, o possono essere vissute con attenzione e trasporto davanti a uno schermo per motivi logistici, ma quello che fa veramente appassionare ad una squadra è salire i gradoni della curva, indossare la sciarpa coi colori della propria città, cantare per incitare gli undici in campo, abbracciare una persona che conosciamo appena (o per niente) dopo un gol, vivere l'esperienza al massimo possibile.

 

O almeno per me è stato così. Erano altri tempi, quando ho cominciato a frequentare lo stadio io all'inizio di una partita la sciarpa serviva anche per coprirsi naso e bocca per i fumogeni che venivano accesi prima del calcio d'inizio, mentre dagli spalti si scandiva “quando c'è allo stadio la partita, l'aretino scorda il Saracino...”

Si dice che ci appassioniamo così tanto allo sport perché nel nostro cervello scattano dei meccanismi di immedesimazione che in un certo senso ci fanno "percepire" di essere in campo coi nostri beniamini: per quanto mi riguarda, guardare un evento sportivo dal vivo amplifica questa percezione. Quante ne abbiamo viste, da quegli spalti. Vittorie insperate, sconfitte brucianti, pareggi scialbi, sotto il sole, il freddo, le acquate, sempre con quel senso di appartenenza, di comunità, che fa pensare che davvero nessun uomo è un'isola, o che – traslando un'espressione letteraria in una metafora calcistica – nessuno si salva da solo. I ricordi di curva sono migliaia, alcuni divertenti, alcuni toccanti, su alcuni vorrei stendere un velo pietoso.

 

Ce n'è uno però che voglio isolare, in questo momento. È una domenica pomeriggio di inizio febbraio, stagione 2004-2005. L'Arezzo di Pasquale Marino ospita l'Hellas Verona, le ambizioni di classifica sono diverse: i veneti lottano per un posto nei playoff promozione, gli amaranto per evitare la retrocessione. Apre le marcature Spinesi, nel secondo tempo. Pareggia Adailton quando manca meno di un quarto d'ora alla fine. Un pareggio che serve a poco a loro, per nulla a noi. La curva lo percepisce, e dalla ripresa del gioco comincia a fare un tifo caldissimo. L'Arezzo preme sull'acceleratore, attacca a testa bassa, e in qualche modo, al termine di un lungo assedio, Gentile trova la zampata giusta per riportare avanti gli amaranto.

La partita si chiude così, 2-1 per noi. Leggendo i commenti alla partita, una frase ricorrente mi è rimasta in testa: “l'Arezzo l'ha vinta grazie ai tifosi”, quella palla, dentro la porta, non ce l'ha spinta solo Gentile, ce l'hanno spinta tutti. Sembra un ricordo enfatico, forse anche poco significativo, ma probabilmente chi c'era e sta rileggendo si ricorda e in cuor suo sa che è andata così. Anche i tifosi, nel loro piccolo, vincono le partite.

 

scritto da: Roberto Gennari, 22/01/2022





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