Daniele Borra, 28 anni

Il portiere, classe 1995, debuttò tra i professionisti con gli amaranto nel 2016. A gennaio del 2018 la partenza anticipata (“ero in prestito, il direttore Di Iorio mi disse che per motivi economici dovevo tornare a Chiavari”), le annate con Carrarese e Virtus Entella, adesso la seconda esperienza al Comunale: “Ho scelto senza remore, oggi ho più esperienza e letture migliori delle partite. Con agonismo e organizzazione di gioco possiamo veramente essere una mina vagante”

Il rinnovamento può materializzarsi anche con un salto nel passato. E’ il caso di Daniele Borra, che ad Arezzo debuttò tra i professionisti nel 2016, a 21 anni, e che oggi vi torna da portiere maturo dopo una stagione e mezza alla Carrarese e quattro campionati con la Virtus Entella.

Questa opportunità di mercato è nata all’improvviso o andava avanti da un po’?

I primi contatti ci sono stati a metà giugno e mi è sembrata una soluzione intrigante fin da subito. I social servono a qualcosa, in questi anni mi hanno consentito di seguire l’Arezzo costantemente. Nell’ultimo periodo avevo notato che la società si stava muovendo con serietà, facendo anche investimenti sulle strutture. Sono qua e sono molto contento.

Dai playoff per la B con l’Entella a una neopromossa. A qualcuno può sembrare un passo indietro.

Non scherziamo. L’Arezzo è una finta neopromossa, è una piazza per cui il professionismo è l’habitat naturale. C’è una storia alle spalle e c’è un presente di grandi ambizioni. Ho scelto senza nessuna remora.

In cosa sei diverso rispetto a cinque anni fa?

Ho tante partite in più nel bagaglio tecnico. Questo fa la differenza, mi consente di avere letture migliori della partita, più ragionate e meno impulsive. Poi nel calcio, e nel mio ruolo in particolare, si migliora sempre.

Indiani predilige portieri in grado di coprire tutta l’area e abili anche con i piedi in avvio d’azione. E’ un identikit che ti senti addosso?

Sì, a me piace interpretare il ruolo in questo modo. A Carrara poi ho avuto Baldini che pretendeva cose simili. Da questo punto di vista sono pronto.

Quando sei tornato per firmare, quale ricordo ti è tornato in mente di Arezzo?

La prima stagione, quella del mio esordio in C. Fu una bella cavalcata, anche se ogni tanto riguardo alcuni gol che presi e mi domando come sia potuto succedere. Oggi quei palloni li gestirei in un altro modo.

Perché la partenza prematura, a gennaio del 2018?

Perché io ero in prestito. In estate avevo chiesto all’Entella di farmi restare ad Arezzo un altro anno e mi accontentarono: eravamo un gruppo forte, puntavamo a fare bene. Poi successe quel che successe in società. Ricordo che mi chiamò il direttore Di Iorio e mi disse che per motivi economici non potevano tenermi, che dovevo tornare a Chiavari. E così fu. Me ne andai a malincuore, l’Entella mi girò alla Carrarese e il 5 maggio ero in panchina contro i miei vecchi compagni. Vederli festeggiare la salvezza, sapendo cosa avevamo passato nei mesi precedenti, mi fece piacere.

L’anno dopo, a Carrara, a pochi minuti dalla fine l’arbitro espelle il portiere Mazzini e assegna il rigore all’Arezzo. Tu entri e pari il tiro di Brunori. Poi esulti.

Esultai perché mi giravano. Da tre partite il mister mi mandava in panchina e non ero contento. Non c’erano altri motivi. Se poi mi chiedi come mi sentii all’andata, quando la Minghelli mi fischiò, dico che ci rimasi male. Non me l’aspettavo, anche perché la verità sulla mia partenza dell’anno prima è quella che ho raccontato. Ma nel calcio ci sta, nessuno strascico. Sono abituato a guardare avanti e ad Arezzo ci torno stravolentieri.

Cosa serve per recitare il ruolo della mina vagante in serie C?

Agonismo e cattiveria agonistica. Ho visto squadre con grandi calciatori fallire l’obiettivo perché non avevano queste qualità. E poi l’organizzazione di gioco aiuta molto.

Tu e Trombini vi giocherete il posto. Lo conosci?

No, però so che è torinese come me. E nonostante la differenza di età, abbiamo avuto un allenatore in comune nelle giovanili: Eugenio Acquaviva del Barcanova Salus. Io all’epoca facevo ancora il difensore. Appena vedo Luca, ne parliamo.

A 28 anni e con un contratto biennale, cosa ti aspetti da questa seconda parentesi ad Arezzo?

Di crescere ancora e di fare bene la domenica. E’ giusto pensare pensare partita per partita ma il segreto per andare lontano è sognare in grande. E qua ci sono tutte le premesse.