Niccolò Gucci esulta sotto la pioggia di Ponsacco

Uomo dell’anno, 14 volte a segno, la firma su vittorie inseguite da tanto tempo. L’attaccante è stato un protagonista assoluto: “Per me questo riconoscimento è un grande orgoglio, che divido con staff e compagni. Senza gruppo non si va lontano. Punto alla doppia cifra in C, con la squadra siamo sulla strada giusta. Io leader? Cerco di essere positivo, lo spogliatoio per fortuna ha tante figure di riferimento. E non mi sento un over 30”

L’Arezzo ha vissuto un 2023 memorabile e Niccolò Gucci ne è stato l’alfiere. 14 reti segnate, decisivo al di là dei gol, punto di riferimento di una squadra che a primavera ha vinto il campionato di serie D, oggi si trova a metà classifica in serie C ma ha dovuto superare periodi complicati, scivolosi. Bravo di testa, uomo d’area, generoso nelle sponde: il centravanti amaranto, a giudizio unanime di addetti ai lavori e tifosi, è l’uomo dell’anno senza se e senza ma.

Che effetto fa?

E’ un enorme piacere, un orgoglio in un anno speciale per la società, che ha festeggiato il centenario e il salto di categoria. Io però devo dividere questo riconoscimento con lo staff e con tutti i miei compagni. Non sono parole di circostanza, ho l’esperienza per garantire che senza il gruppo, senza il collettivo non si va lontano.

La sensazione è che tu abbia raggiunto il top del rendimento a 33 anni. E’ così o si tratta di un’impressione sbagliata?

A 20 anni non potevo avere la maturità che ho raggiunto adesso, altrimenti avrei fatto un’altra carriera. Ma non è un cruccio, anzi sono gratificato dallo status di oggi. E poi dentro di me non mi sento affatto un over 30.

Avessi dovuto votare tu, a chi avresti assegnato il titolo di giocatore dell’anno?

A Settembrini, sia per le sue doti tecniche sia per la fascia di capitano che porta al braccio. Simbolicamente ci avrebbe rappresentato tutti e io allo spogliatoio devo moltissimo. I ragazzi mi hanno accolto in modo splendido quando sono arrivato, poco più di un anno fa, e mi hanno consentito di dare il massimo, di sentirmi da subito uno di loro.

Hai segnato 14 gol, hai messo la firma sulle vittorie contro Livorno e Perugia che mancavano da tanti anni. A quale emozione sei più legato?

Al gol più brutto che ho realizzato, che poi è anche l’ultimo. Con il Perugia ho dovuto spingere dentro il pallone da pochi metri, però è stata una gioia pazzesca. C’era un’atmosfera diversa allo stadio, non la scorderò mai.

In un’epoca in cui tutti, o quasi, esultano in modo strano, tu sei uno vecchio stile: braccia al cielo e poco più. Perché?

Perché i secondi successivi al gol per me sono di annebbiamento completo, di black out. Non avrei mai la lucidità per recitare una scenetta preparata alla vigilia.

Alla fine del girone di andata di questa serie C hai segnato 8 gol. L’obiettivo della doppia cifra ce l’avevi anche a inizio stagione o sei sorpreso pure tu da quello che stai facendo?

Un attaccante spera sempre di fare gol con regolarità. Sono vicino a quota 10 ma non mi faccio illusioni, nessuno regalerà niente. C’è ancora diversa strada da fare.

Ti riconosci un ruolo importante dentro lo spogliatoio, una leadership cui fare affidamento in campo e fuori?

Nel nostro spogliatoio ci sono tante figure di riferimento per fortuna. Era così anche l’anno scorso, quando caratteri diversi si completavano nel modo giusto. Questo è merito del direttore Giovannini, che riesce a scegliere persone di spessore oltre che bravi calciatori. Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo cerco di avere sempre un atteggiamento positivo, di trasmettere qualcosa ai più giovani.

Dopo un 2023 del genere, cosa vuoi chiedere al 2024?

Me lo vivo alla giornata. Sono contento di quello che ho fatto ma la squadra viene prima dei singoli e noi, considerando tutto, siamo sulla via giusta. Di sicuro è bello giocare e fare gol ad Arezzo. Me l’avevano detto quando sono arrivato, ne sto avendo conferma passo dopo passo.