L’Arezzo contro la Torres è sparito dal campo dopo aver beccato gol a 5 secondi dall’intervallo, chiudendo la ripresa senza neanche un tiro in porta. La squadra ormai è piallata mentalmente, spenta, esangue. E pensare che otto undicesimi della formazione iniziale erano qua anche l’anno scorso, con un rendimento ben diverso. Il problema non è il valore tecnico della rosa, ma la gestione che ne è stata fatta. Eppure tempo e modo per rimettere in sesto il finale di stagione ci sono ancora

CROLLO VERTICALE – Non c’è molto da spiegare riguardo l’ultima sconfitta. L’Arezzo è sparito dal campo dopo aver beccato gol a 5 secondi dall’intervallo e ha chiuso la ripresa senza neanche un tiro in porta. La squadra ormai è piallata mentalmente, spenta, esangue. Al primo intoppo, evapora. Questa apatia, questa incapacità di reagire acuiscono i difetti emersi da settimane: manovra compassata, difficoltà a fare gol, mancanza di un’identità tattica. Non ci sono certezze cui appigliarsi, è tutto in divenire, mutevole, evanescente. I giocatori rendono meno della metà di quanto potrebbero. E il pubblico, attonito di fronte allo status quo, si annoia o fischia o se ne sta direttamente a casa.

METAMORFOSI – Ieri nella formazione titolare figuravano otto elementi che erano qua la passata stagione. E che avevano quasi tutti un rendimento ben diverso: Trombini, Renzi, Chiosa, Coccia, Damiani, Mawuli, Pattarello e Guccione. Che siano improvvisamente diventati scarsi, senza attributi, privi di attaccamento alla maglia è improbabile. È vero che le stagioni sono ognuna diversa, che gli equilibri li spostano gli episodi, che a volte il calcio non è razionale, ma il problema della squadra non è il valore tecnico.

COMFORT ZONE – Anche ieri è andato in scena un rimescolamento di ruoli che è figlio della necessità, perché c’era da riprendere il risultato, ma che dilata le magagne. E’ un circolo vizioso difficile da spezzare e Bucchi, al di là di alcune scelte rivelatesi improduttive, è l’ultimo dei colpevoli. Certo è che l’Arezzo ha cominciato con un centravanti, tre rifinitori e due mediani, per poi riempire il campo con calciatori offensivi e chiudere con due prime punte e un solo centrocampista di ruolo, cioè Santoro, scompaginando tutto alla ricerca di un guizzo, un sussulto che non sono arrivati. Adesso, forse, servirebbero poche cose ma sicure per rimettere la testa fuori dall’acqua.

POLLICE GIU’ – Purtroppo quando le stagioni prendono una piega del genere, poi diventa dura metterci una toppa. Ma il vizio d’origine non riguarda la caratura dei calciatori, né a livello singolo né collettivo, fermo restando che nel calcio occorre tirare fuori la personalità in certi frangenti. E probabilmente a questo gruppo manca una leadership solida, salda, dato che via via ha perso riferimenti importanti nello spogliatoio. Però è una squadra competitiva, in grado di fare molto meglio. Il problema è che tutti i giocatori sono sotto rendimento. Il malessere dunque è più profondo.

OTTIMISMO – Il vulnus, analizzando ciò che è successo, sta nella gestione tecnica, che essendo una roba che non si tocca, non sempre viene tenuta nella giusta considerazione ma fa la differenza. Una cosa è certa: questo gruppo ha una storia che viene da lontano, dal 2022 per l’esattezza. Ed è una storia di ottimi risultati, sul campo e fuori. Oggi sembra un gruppo senz’anima. Qualcosa, negli ultimi mesi, purtroppo non ha funzionato e il giocattolo rischia veramente di rompersi. Speriamo di no, che tempo e modo per rimettere in sesto il finale di stagione ci sono ancora.