una fase di Arezzo-SudTirol del dicembre 2020

Nel dicembre 2020, dopo la pesante sconfitta casalinga contro il SudTirol, l’Arezzo venne preso di mira dai sostenitori amaranto. Ne è scaturita una vicenda giudiziaria che, per due aretini difesi dall’avvocato Ciabattini, sembra giunta all’epilogo dopo l’ordinanza di ieri del Consiglio di Stato

Dopo un rimpallo di carteggi nelle aule di giustizia italiana, due tifosi dell’Arezzo si sono visti sospendere il Daspo e da sabato contro il Montespaccato potranno rimettere piede allo stadio. Poco più di due anni fa si beccarono la diffida per la contestazione andata in scena contro la squadra nel dicembre del 2020. Gli amaranto avevano perso 4-0 in casa contro il SudTirol (partita giocata a porte chiuse per le disposizioni anticovid) e un gruppo di sostenitori attese il pullman dei giocatori davanti all’hotel Minerva, sede del ritiro. I toni furono molto aspri, anche perché l’Arezzo era ultimo in classifica e veniva da un periodo negativo, ma la situazione non degenerò.

Pochi giorni dopo però venne notificato il divieto di partecipazione alle manifestazioni sportive, cui ha fatto seguito il ricorso davanti al Tar della Toscana per la revoca del provvedimento, cosa che è avvenuta. Questura di Arezzo e Viminale si sono appellati al Consiglio di Stato, che nel mese di luglio ha sospeso l’efficacia della sentenza di primo grado.

Nel frattempo i due tifosi, difesi dall’avvocato Giulio Ciabattini, sono stati assolti in sede penale perché il tribunale non ha rilevato prove sufficienti in merito alla loro “partecipazione all’azione intimidatoria nei confronti della squadra”.

Il 5 agosto 2022, inoltre, il Gip presso il tribunale di Arezzo, per le medesime ragioni, aveva revocato l’obbligo di presentazione dei due tifosi in caserma nei giorni e nell’orario delle partite.

Infine ieri il Consiglio di Stato ha revocato l’ordinanza che aveva sospeso l’efficacia della sentenza del Tar, con la conseguenza che i Daspo tornano a essere inefficaci. Nell’ordinanza si dispone anche di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone in causa.