Riflessioni sparse dopo la sconfitta con la Ternana

1 – La sconfitta con la Ternana non è indolore ma nemmeno sposta di tanto i giudizi sull’Arezzo. Perdere contro una squadra attrezzata, in forma e con una panchina lunga ci può stare, specie se la partita comincia con l’handicap a causa delle ingenuità clamorose che hanno caratterizzato i primi 15 minuti. Semmai c’è da dire che la classifica, nonostante siano passate soltanto 7 giornate, comincia a sgranarsi e i valori, piano piano, stanno venendo a galla. Nulla di definitivo, però si intravedono quelle che saranno le avversarie più credibili per un buon piazzamento playoff, che resta l’obiettivo dichiarato di questa stagione.

2 – L’Arezzo domenica avrebbe meritato il pareggio e ha raccolto meno del dovuto. Il calcio è così, a volte dà e a volte toglie: se un paio di vittorie nelle scorse giornate erano state guadagnate per il rotto della cuffia, la sconfitta con la Ternana è oltremodo severa, anche se c’è solo da battersi il petto. I gentili omaggi nei due gol rossoverdi sono anche imperdonabili errori, specie al cospetto di un avversario forte, smaliziato, con tanta qualità. E sono errori che hanno condizionato tutto il primo tempo, in cui di qua c’era una squadra che sbagliava passaggi elementari e faticava a ritrovarsi, mentre di là ce n’era un’altra che palleggiava con personalità, trovando sempre il varco dove infilarsi.

Troise dà indicazioni a Coccia, Lazzarini e Righetti

3 – La Ternana, come accade spesso in certi contesti, ha peccato di leziosità, ha cercato troppo il ricamo e il gol di Tavernelli a pochi istanti dall’intervallo ha mutato lo scenario. Nella ripresa, un po’ perché Abate ha scelto di abbassarsi e giocare di rimessa, un po’ perché l’Arezzo ha recuperato buone idee, poteva pure arrivare il 2-2. Ma queste sono partite in cui, per dirla con Troise, i dettagli fanno la differenza. E con il senno di poi, spremere per la terza volta in otto giorni sia Chierico che Renzi, con Settembrini in campo appena 6 minuti nelle ultime due gare, è stata una scelta che non ha pagato.

4 – Alcuni numeri meritano un’analisi più approfondita. Nonostante la grande qualità dalla cintola in su, l’Arezzo fatica a buttarla dentro: 7 gol in 7 giornate sono pochi per una squadra che coltiva ambizioni. Oltretutto, spulciando la modalità delle segnature, ne troviamo 2 su rigore (Pineto, Legnago) e una nata da una papera del portiere (Campobasso), il che rende ancora più eclatante questo dato. I centravanti vanno coinvolti di più (Gucci è ancora a secco, Ogunseye a quota 1) perché spesso si trovano a sportellare senza un’assistenza costante. E per adesso manca il contributo dei centrocampisti (e anche dei difensori) in zona gol: da Chierico, Renzi, Mawuli è lecito attendersi un’incisività maggiore là davanti.

il colpo di testa di Ogunseye che poteva fruttare il 2-2

5 – Inoltre, e può sembrare paradossale per una squadra che veniva da 282 minuti d’imbattibilità, dietro c’è da aggiustare qualche cosa. L’Arezzo ha preso 8 gol ed è vero che li ha presi in 3 gare soltanto, ma con modalità simili, cioè dall’interno dell’area di rigore, quasi a ridosso della porta. Peixoto, Ceccacci, Pellegrino, Cianci, Cicerelli hanno segnato a due passi da Trombini, arrivando a concludere con modalità differenti ma con identica, eccessiva facilità. Il fortino va difeso meglio, con maggior vigore e qui dipenderà anche dalle scelte che vorrà fare Troise, specie ora che sta rientrando Chiosa: Del Fabro per adesso non ha preso per mano il reparto e anzi, è sembrato in difficoltà nel garantire compattezza. A Sassari, forse, le scelte saranno diverse.

6 – Di contro ci sono alcune note liete. Righetti si sta dimostrando un ragazzo affidabile in un ruolo, quello di centrale difensivo, che non è il suo naturale. Ha capacità di letture, buona tecnica, senso della posizione. Potrebbe rivelarsi un jolly imprevisto e prezioso. Di Chierico, al di là della prestazione poco esplosiva con la Ternana, abbiamo già detto: possiede caratteristiche che mancavano alla squadra e ha già fatto vedere come e dove sa lasciare il segno. Guccione, al di là degli alti e bassi che hanno tutti quelli che giocano sulla trequarti, a oggi resta la vera matrice del gioco: la qualità del palleggio si alza e si abbassa a seconda della sua luna. Il che da una parte lo rende il fulcro della manovra e dall’altra crea una sorta di Guccione-dipendenza, bypassabile se si creeranno i presupposti fisici e tattici per un impiego in pianta stabile di Santoro, un play che vanta una visione di gioco sopra la media.