Prendiamo la sciarpa e gli amici di sempre, mangiamoci un panino o una birra insieme, crediamoci con forza e inseguiamo il nostro sogno, “se pur ci tormenta”
Ve li ricordate gli ultimi “veri” playoff che abbiamo giocato? Quelli dell’anno scorso, diciamolo, furono poco più che un meritato premio per una squadra che, da neopromossa, aveva fatto anche più del dovuto. Nel 2019, invece, a un certo punto ci credemmo davvero tutti. Il quarto posto e il primo turno saltato, il secondo turno (per noi, appunto, il primo) contro il Novara, dal 2-0 al 2-2, i brividi e il sospirone di sollievo finale. Poi, la sorte che ci regala la Viterbese vincitrice della coppa Italia, la doppia roboante vittoria, prima in casa e poi fuori, la doppietta di Brunori ad Arezzo e la rovesciata di Pelagatti sotto al settore a Viterbo… Fino al doppio confronto con il Pisa: lo stadio tutto esaurito, la coreografia spettacolare della Minghelli, da cima a fondo, i rimpianti per la sconfitta dell’andata, l’esodo a Pisa coi biglietti fotocopiati (ormai tanto è in prescrizione, no?), la rimonta non riuscita e l’eliminazione. Pensare che su quella partita i nerazzurri hanno costruito le loro fortune, tanto che a breve voleranno in A, mentre noi due anni più tardi siamo risprofondati nei dilettanti fa male, ma di quei playoff, io almeno, non riesco proprio a non avere un bel ricordo.
Al netto di come andò, dicevo, quella fu la cavalcata esaltante di una squadra che mi ha fatto divertire come poche altre. Cinque partite di post-season vissute col fiato in gola dal primo al novantesimo e oltre, con quell’aria frizzantina delle grandi occasioni e un sogno che diventava a poco a poco più nitido, anche se poi ci è sfuggito. Ora, sei anni dopo, ci possiamo riprovare e a me basterebbe, e non lo dico per retorica, rivivere quelle emozioni là. Sentire il sogno che pian piano prende forma, anche dovesse evaporare di nuovo. Continuare a cullarlo ancora per due, tre, quattro partite, pur sapendo che ogni volta è più difficile tenerlo vivo ma anche più bello se ci si riesce. Avere la possibilità di rifare almeno una trasferta con le tasche piene di speranze e tensione come a Viterbo o come a Pisa. Stavolta è davvero più difficile, non solo perché si parte subito dal primo turno, ma perché quella volta, eccezionalmente, in B ce ne andavano due.
Affidiamoci anche alla cabala, allora: una quarta in classifica i playoff non li ha mai vinti, mentre una quinta sì. Quel Cosenza di Braglia per cui tutti noi tifavamo, nel 2018, visto che arrivò in finale col Siena… Insomma, mai dire mai. L’Arezzo di Bucchi non avrà una punta come Brunori, capace di fare 17 gol tra campionato e coppa, ma Dal Canto non aveva questo Pattarello, che Brunori lo ha persino superato già in stagione regolare. Non avrà Cutolo (che c’è ancora in realtà, ma non scende più in campo) ma ha un Tavernelli capace di segnare tre gol nelle ultime cinque partite. Ha un sistema di gioco un po’ diverso, ma idee di calcio simili: non ditemi che a voi l’azione del gol di Coccia a Piancastagnaio non ha ricordato, anche per la posizione di campo, lo scambio che ha originato il momentaneo 2-1 contro il Pisa in quel clamoroso derby playoff. Sala-Cutolo-Serrotti-Sala un po’ come Coccia-Dezi-Tavernelli-Chierico-Coccia.
Domenica, insomma, mi piacerebbe tornare idealmente indietro nel tempo, sentirmi sei anni più giovane ed emozionarmi di nuovo come mi emozionai in quelle settimane. D’altronde, seguiamo la nostra squadra del cuore per partite come questa e, si spera, per quelle che verranno. Quindi prendiamo la sciarpa e gli amici di sempre, mangiamoci un panino o una birra insieme nell’attesa, circondiamoci di persone che hanno esattamente il nostro stesso desiderio e le nostre stesse paure, crediamoci con forza e inseguiamo il nostro sogno, “se pur ci tormenta”.