Cominciata la preparazione della squadra rinnovata in toto dal dg Giovannini e affidata all’esperienza di mister Indiani. Gruppo diviso in due: parte atletica in palestra e al Comunale, parte tecnica all’antistadio, su un terreno in ottima salute. Giocatori con nome e numero sulle casacche per consentire ai tifosi di riconoscerli subito
Il solleone di questi giorni si fa sentire anche alle 9.30, quando Paolo Indiani varca per la prima volta il cancello del ”Mario Lebole” con l’amaranto addosso. Nonostante le temperature africane, il campo d’allenamento è un biliardo, verde rigoglioso come da tempo non si vedeva. Le cure della ditta Galardini Sport hanno avuto effetto e l’allenatore, che aveva chiesto una manutenzione certosina del terreno, ha un motivo in più per sorridere.
La chiamata dell’Arezzo l’aspettava da tempo e finalmente, a 68 anni, può provare l’ebbrezza della sfida. Da queste parti la serie D non ha mai riservato grandi gioie ma lui, specialista in promozioni, ambisce a conquistare il decimo salto di categoria della carriera proprio davanti alla Minghelli. Giusto per chiudere il cerchio e spianare la strada al vice Federico Vettori, già suo ex calciatore e destinato secondo molti, compreso il dg Paolo Giovannini, a fare carriera.
In campo c’è solo metà squadra. L’altra metà è dentro lo stadio a curare la parte atletica, tra palestra e corse a bordo campo, insieme al preparatore Maurizio Pecorari, aretino tornato nell’Arezzo dopo la magica stagione della battaglia totale, la promozione in B con il Pisa e quella in Promozione con la Sansovino.
Intorno alla rosa costruita da un direttore vincente come Giovannini, e affidata all’esperienza di un tecnico altrettanto vincente come Indiani, ci sono aspettative alte e grande fiducia. Permane quel residuo di diffidenza e scetticismo che la piazza si è costruita come corazza dopo le batoste del passato, non ultima quella di pochi mesi fa. Però, con il centenario dietro l’angolo, prevale la voglia di calcio e la tentazione di coltivare un po’ di (giustificato) ottimismo.
Sul prato, i calciatori indossano la casacca con il numero e il nome sulla schiena. Una premura della società nei confronti dei tifosi, che così possono riconoscere i protagonisti in azione. Trattandosi di una squadra con appena tre conferme su ventitre, è un aiuto non da poco. Gli indumenti da lavoro sono ancora quelli dell’anno scorso, marchiati Robe di Kappa. Il merchandising nuovo, griffato Rever Iconic, è atteso per i prossimi giorni.
Dopo il riscaldamento (si fa per dire) e qualche esercitazione tecnica, spazio alle partitelle su campo ridotto. Giocano Risaliti e Settembrini, Zona e Gaddini, Pericolini e Forte, Castaldo e Damiani. Da fuori la gente scruta le movenze di Boubacar, maliano arrivato in Italia dopo una perigliosa traversata via mare, che sulla casacca ha scritto Samake e che davanti alla porta alterna un paio di cucchiai e due bordate che quasi tirano giù la rete.
Su un lato del campo, i portieri lavorano con il preparatore Massimiliano Magi, aretino pure lui. Falsettini, Viti e Di Furia sono tre under con una bella responsabilità, perché la D ad Arezzo è come una serie C. Dopo un’ora e mezza Indiani, cappellino bianco in testa e sguardo attento, dice stop. Prima di infilare gli spogliatoi per la doccia, prende la ruota di misurazione e controlla la lunghezza del ”Lebole”. Le misure tornano, il campo è perfetto, l’inizio è incoraggiante. E chi ben comincia, si sa, è a metà dell’opera.