Diallo e Boubacar

L’attaccante, classe ’97, ha una vita travagliata alle spalle: la fuga da Monrovia, la prigione in Libia, una drammatica traversata per sbarcare a Lampedusa, con 21 compagni di viaggio che non ce l’hanno fatta. E poi un nuovo inizio. Forte fisicamente, bravo ad attaccare la profondità, ha lasciato la maglia numero 9 al compagno di stanza Boubacar. “Voglio diventare un professionista. Lo devo al bambino che sognava giocando per strada”

Ha già vissuto tante vite Cherif Diallo, l’attaccante al quale l’Arezzo affida buona parte delle speranze di vincere il campionato. Da bambino sognava di fare il calciatore mentre giocava a piedi scalzi per le strade di Monrovia, in Liberia. Oggi, a 25 anni, quel sogno è un po’ più concreto, costruito pezzo per pezzo come succedeva con i palloni delle prime partitelle con gli amici, fatti di plastica trovata qua e là e tenuta insieme con lo spago, con la colla, con la fantasia.

Fisico imponente, buona copertura della palla, veloce nell’allungo, Diallo è un centravanti dinamico. Se la fa dare addosso, la protegge, la smista. La cosa che ama di più però è attaccare la profondità: se trova campo aperto e gliela mettono sulla corsa, va sempre in porta. A Derthona, l’anno scorso in D, ne ha segnati 17 sfruttando il fisico, l’accelerazione e una tecnica tutt’altro che trascurabile.

Ad Arezzo ha scelto il numero 19. Il 9 l’ha lasciato al suo compagno di stanza, il maliano Samake Boubacar, due anni in meno di età e peripezie uguali alle sue: l’Africa, il miraggio di una nuova vita in Europa, la traversata del Mediterraneo sul barcone, l’approdo a Lampedusa e un futuro incerto più del passato.

“Lo chiamavamo il viaggio dell’inferno” ha detto stamani Cherif in sala stampa. Per procurarsi i soldi necessari a salpare, ha dovuto spostarsi tra Mali e Niger, Algeria e Libia. Ha fatto il muratore e il contadino. E’ stato in prigione e ha temuto di non uscirne vivo. Due anni lunghissimi. “Ho avuto paura tante volte” ha raccontato “e se l’ultimo tentativo non fosse andato a buon fine, mi sarei gettato nel mare. Indietro non sarei tornato mai”.

Diallo è stato uno dei primi giocatori contattati dall’Arezzo e uno degli ultimi a firmare. Non perché andasse convinto, ma per il fatto che nel frattempo aveva un’altra vita da cominciare. Il 10 luglio si è sposato con Vittoria, addetta all’accoglienza della Croce Rossa di La Spezia, sua fidanzata da sei anni, conosciuta in Liguria quando “dovevo mettere a posto la mia testa, cancellare tanti brutti ricordi. Lei mi ha salvato, il calcio è venuto dopo”.

Ventuno compagni di traversata non ce l’hanno fatta. Cherif li ha visti andarsene così, in un flutto di mare, senza più speranze cui aggrapparsi, mentre lui ha poggiato i piedi sulla terraferma e poi sopra un pallone. Fezzanese, Sanremese, Correggese, Derthona, Arezzo: una bella escalation impreziosita dalle prime presenze con la nazionale liberiana.

“L’abbiamo preso al momento giusto” ha detto il direttore generale Paolo Giovannini. “Diallo è nel pieno della maturità e ha ancora dei margini di miglioramento molto ampi. Io e il mister crediamo molto in lui, sa giocare a calcio, è un ragazzo intelligente e ha una sensibilità fuori dal comune”.

Di sicuro le pressioni di una piazza appassionata ed esigente non lo spaventano, né la certezza che a contare saranno soprattutto i gol e i risultati della squadra. “Se mi volto indietro, e mi rivedo giocare senza scarpe, sento una grande carica. Voglio andare a mille ogni partita, voglio vincere il campionato, voglio fare il professionista. Lo devo a quel bambino che sognava per le strade di Monrovia”.

Nato nel 1972, giornalista professionista, ha lavorato con Dahlia, Infront, La7 e Sky. Scrive anche per Arezzo Notizie e Up Magazine, collabora con Teletruria dal 1993. E' il direttore di Amaranto Magazine