Il centrocampista ha parlato del suo percorso professionale e umano nell’ultima puntata di Amaranto Social Club. Dagli esordi con Santa Firmina e Sansovino al legame di stima con Giovannini e Indiani, dalla carriera che lo ha portato in giro per l’Italia all’arrivo ad Arezzo a 31 anni: “Ho scelto con il cuore”

I primi ricordi da tifoso amaranto, gli esordi nel calcio, una carriera cominciata al Santa Firmina e alla Sansovino e che poi lo ha portato in giro per l’Italia, l’infortunio al ginocchio, l’arrivo ad Arezzo a 31 anni, la laurea. Andrea Settembrini, capitano della squadra che sta inseguendo la promozione in serie C, si è raccontato nell’ultima puntata di Amaranto social Club.

Nell’intervista rilasciata all’interno del Museo Amaranto, davanti alle foto e ai cimeli di quasi cento anni di storia, il centrocampista di Montagnano ha ripercorso la sua crescita umana e professionale, con un punto di partenza datato 14 giugno 1998: “Quel giorno volevo andare a vedere la finale play-off con lo Spezia che si giocava a Pistoia. Ma avevo solo 6 anni e mezzo e mio padre, temendo incidenti, mi lasciò a casa. Fu una delusione enorme”.

Settembrini ha giocato anche con Pianese (domenica sarà un ex) e Poggibonsi, Pontedera e Feralpi Salò, Cittadella e Virtus Entella, per poi trasferirsi al Padova e all’Arezzo. A Pontedera l’incrocio con il direttore Giovannini e mister Indiani: “Sono due persone alle quali devo molto. Il mister mi ha migliorato sotto ogni punto di vista, mi ha fatto crescere e gli sarò sempre riconoscente”.

Maglia amaranto e fascia di capitano per Settembrini sono un miscela di grandi emozioni: “Non è stato facile decidere di scendere in D, lo ammetto. Ma alla fine ho scelto con il cuore, la presenza del direttore e dell’allenatore mi ha aiutato. E poi per anni ho tifato la squadra dalla curva, ho tanti amici che vengono alla partita, vincere in campo con l’Arezzo sarebbe bellissimo. E’ per questo che sto dando il massimo ogni giorno”.