Zdenek Zeman e Paolo Indiani

Sono gli allenatori più anziani, anzi più esperti, di tutta la serie C. Classe ’47 il boemo, classe ’54 il mister di Certaldo. Sabato si affrontano per la seconda volta in carriera e tutto lascia presagire che sarà un’altra sfida all’ultimo gol. Il tecnico del Pescara non ha mai abiurato l’iper offensivo 433, quello dell’Arezzo ha ribadito mille volte che di un punto in trincea non saprebbe che farsene. Entrambi vogliono divertire, entrambi giocheranno per vincere

Paolo Indiani si è sempre definito “più sacchiano che zemaniano”, anche se la predilezione per il 433 spingerebbe a sostenere il contrario. Ma più del modulo conta la filosofia e su questo punto c’è identità di pensiero con il boemo: attaccare, difendere alti, segnare un gol in più piuttosto che beccarne uno in meno. Come tutti i giochisti, odiano entrambi speculare sul risultato, a costo di passare per cultori dell’integralismo tattico. Dieci giorni fa, con la vittoria di Rimini in tasca, Indiani svelò quello che aveva detto alla squadra prima del fischio d’inizio: “dobbiamo andare in avanti e prendere in mano la partita, di uno 0-0 in trincea non so che farmene”.

Il concetto è chiarissimo e Zdenek Zeman l’avrebbe sottoscritto al cento per cento. C’è però da aggiungere che il tecnico di Praga, nel corso della sua lunghissima carriera, non ha mai abiurato il 433, mentre il mago di Certaldo, oltre al pane duro dei dilettanti, in alcuni periodi è stato costretto a ingoiare pure qualche compromesso. Rientra nel novero delle eccezioni il 352 utilizzato spesso a Pontedera e in alcuni spezzoni della passata stagione, quando c’era da mettere le mani su salvezza e promozione.

Sabato sera Indiani e Zeman si stringeranno la mano a bordo panchina per la seconda volta in carriera. L’unico precedente risale al 9 gennaio del 2011: uno allenava la Lucchese, l’altro il Foggia. Al Porta Elisa, e non poteva essere altrimenti, finì con una girandola di gol: 4-2 per i padroni di casa grazie alla tripletta di Marotta e al gol di Grassi, per i pugliesi a segno Koné e Laribi. Alla fine dell’anno la Lucchese, con Paolo Giovannini capo dell’area tecnica in una società in crisi economica (a luglio difatti fallì), chiuse al settimo posto. Il Foggia arrivò sesto con il miglior attacco del girone (67 gol segnati) e la peggior difesa (58 gol subìti), quasi un marchio di fabbrica di Zeman.

Difficile pensare che il prossimo incrocio sarà diverso da quello di dodici anni fa. Il Pescara gioca con il gas aperto, ha segnato 4 gol in due partite e costruito una miriade di occasioni anche domenica a Perugia. L’ex amaranto Merola, Cuppone, Accornero, Cangiano firmano i tagli offensivi che Zeman propone dai tempi di Schillaci al Messina o del trio Rambaudi-Baiano-Signori al Foggia. In più i terzini spingono e le mezzeali attaccano gli spazi, a costo di prestare il fianco alle ripartenze.

Indiani non è da meno e non ha snaturato l’Arezzo nemmeno contro una Carrarese che si sapeva dalla vigilia essere più quadrata, più smaliziata, più cinica. Riconquista del pallone in zona d’attacco, ricerca dell’uno contro uno sugli esterni, uomo su uomo in difesa per non abbassare il baricentro: l’atteggiamento ha pagato fino al 68′, quando il gol di Capello ha rotto gli argini.

Di fronte a un Pescara che ha più qualità complessiva (l’anno scorso terzo con 65 punti), forse Indiani metterà mano a qualche accorgimento, ma non sarebbe una sorpresa rivedere gli stessi concetti di gioco in una sfida all’ultimo gol, tutta break e aggressione della profondità.

Zeman ha incrociato l’Arezzo solo una volta, quando allenava il Lecce, e vinse al Comunale 1-0 nella serie B 2006/07. Indiani ha giocato contro il Pescara tre volte, due con il Crotone nel 2007/08 (una sconfitta e un pareggio) e una con il Foligno (sconfitta) l’anno successivo. Il pronostico per sabato è incerto, anche se gli abruzzesi sono favoriti.

L’unica certezza è che saranno di fronte gli allenatori più anziani, anzi più esperti, di tutta la serie C. Classe ’47 Zeman, classe ’54 Indiani. Uno ha vinto tre campionati, l’altro addirittura dieci. Uno ha allenato in serie A, l’altro lo avrebbe meritato. Uno ha scritto l’autobiografia e l’ha intitolata “La bellezza non ha prezzo”. L’altro, se mai la scriverà, potrebbe mettere in copertina le stesse parole. Uno fuma, l’altro no. Uno mastica le parole, l’altro aspira le C. Molti a quell’età si godrebbero la pensione, loro sono ancora sulla breccia. E non vogliono smettere.