i tifosi amaranto a Livorno il 12 marzo 2023

12 marzo 2023. Finalmente una trasferta vera, contro una tifoseria vera, in uno stadio vero. Non sembra serie D, sembra estate e siamo a +5 sulla Pianese. Tanti di noi all’Ardenza non ci hanno mai vinto ma si capisce subito che è la volta buona: palo loro, gol nostro, espulsione loro, altro gol nostro, altra espulsione loro. Quando Cantisani mette il derby al sicuro, in curva siamo sempre più convinti che il campionato lo vinceremo. Parte il coro “salutate la capolista”, sono abbracci, adrenalina, gioia pura. E quel brivido di piacere scorre oggi come allora

Se a Ponsacco sembrava l’apocalisse, a Livorno due settimane dopo era praticamente estate. Il mare fa capolino a poche centinaia di metri dallo stadio e quasi quasi andresti a “pucciare” per la prima volta i piedi in acqua, ma c’è una partita troppo importante che sta per iniziare. Stavolta per esserci devo fare i salti mortali, ma non potevo mancare: treno di prima mattina dal profondo nord e arrivo in stazione a Livorno verso mezzogiorno e mezzo, col consueto ritardo gentilmente offerto da Trenitalia e i miei eroici amici che mi vengono a prendere in macchina incuranti di ogni rischio.

Arriviamo sotto il settore con largo anticipo: il tempo di una birretta e un panino ed entriamo, tanta è la voglia di respirare un clima diverso. Finalmente una tifoseria avversaria, rivale ma di tutto rispetto. Finalmente uno stadio degno di questo nome. Non sembra manco serie D e speriamo sia solo un antipasto di ciò che vedremo nel prossimo futuro: stadi veri, tifoserie vere, calcio vero. L’attesa è stata spasmodica: i labronici l’hanno caricata come la partita che può salvare una stagione, tappezzando la città di striscioni per mobilitare la piazza e chiedendo una prova d’orgoglio. Noi, di contro, siamo tornati in testa, abbiamo cinque punti di vantaggio sulla Pianese e non vogliamo più fermarci.

A Livorno quasi tutti noi che occupiamo il settore non ci abbiamo mai vinto da quando siamo nati o seguiamo l’Arezzo, visto che l’ultima exploit al Picchi risale al 1975: mai come questa volta l’occasione sembra propizia, però è pur sempre il Livorno, fuori casa, con la necessità di difendere un primato così faticosamente riconquistato. Sarà una battaglia, anche sugli spalti: arrivano anche i gruppi e siamo in 500 contro oltre tremila livornesi. Sfottò, cori, offese, battimani… Il clima è già rovente e ancora deve iniziare.

Poi la partita inizia sul serio ed è tutto da sogno: raramente capita che tutte le tessere del mosaico si incastrino così perfettamente. Un anno dopo ancora mi stupisco. Il loro palo dopo una manciata di minuti è un segno: oggi niente può andare storto. Gol di Gucci, Livorno in dieci, palo clamoroso di Zona che avrebbe fatto venir giù il settore, gol di Castiglia, Livorno in nove. Il primo tempo è un’apoteosi, da stropicciarsi gli occhi. Di solito siamo quelli dall’altra parte, quelli che aspettano un’occasione di rivincita che puntualmente finisce disattesa; che caricano una partita importante per giorni e poi basta un episodio per mandare tutto alle ortiche; che partono per vincere e poi devono accontentarsi delle briciole. Quante volte ci è successo, in passato? Quante volte in D siamo stati noi il Livorno di turno? Contro il Pontedera, contro la Pistoiese, contro il San Donato… Partite da vincere che andavano diversamente; campionati da vincere che prendevano altri binari.

Stavolta no, siamo dalla parte giusta della storia, siamo quelli da battere che non si fanno battere. Quelli favoriti che rispettano il pronostico. Quelli che arrivano da primi e se ne vanno ancor più primi. Col Livorno in nove il secondo tempo diventa una passeggiata. Chi l’avrebbe mai detto alla vigilia? «Chi non salta è un livornese» diventa la colonna sonora di sottofondo mentre Cantisani, che ci aveva regalato il gol vittoria nell’acquitrino di Ponsacco, fa doppietta al caldo sotto il sole. Questo Arezzo da bosco e da riviera non si è limitato a vincere, ha stravinto: 0-4 e “salutate la capolista”. Ah, da quanto sognavo di ricantarlo. La scaramanzia vorrebbe ancora ricacciarlo in gola ma stavolta la gioia è troppa e allora eccolo che evade dalle sbarre della prudenza, liberatorio come non mai.

Perché se a Ponsacco ero certo di vincere il campionato in un modo o nell’altro, ora sono convinto di stravincerlo lasciando quelle dannate briciole agli altri, una volta tanto. Perché questa è una di quelle poche partite capaci in novanta minuti di ripagarti di anni di bocconi amari, di “che s’avrà fatto de male”, di incazzature, di “meritiamo di più”. Alla fine, trionfale, può partire anche “ricordo il primo giorno che ho visto Livorno…” e da ora in poi potrò pure ricordare di essere andato a Livorno e aver vinto 0-4, come stiamo facendo oggi un anno dopo. Con quel brivido di piacere che ancora mi scorre lungo la schiena per una cosa che è andata esattamente come sognavo. Non capita mica tanto spesso, specialmente se tifi Arezzo. Ma che bello tifare Arezzo per godere il doppio, il triplo, dieci volte tanto, quando capita.