Da mesi sta tirando la carretta alla sua maniera, con prestazioni intrecciate tra caos e generosità, sportellate e gol. Nell’Arezzo, contando le ultime 8 gare, ha segnato solo lui ed è arrivato a quota 12, record personale. E lunedì, dopo la sconfitta di Terni, ha parlato come uno che si sente addosso le responsabilità ma non le rifugge. Per Bucchi e il suo processo di ricostruzione della squadra, il numero 10 è una risorsa preziosa da sfruttare
E’ cambiato Emiliano Pattarello. Più maturo, più responsabile e forse sì, anche più uomo squadra. A quasi 26 anni, che compirà a fine luglio, sembra aver trovato una dimensione diversa, lui che passava per quello bravo ma scapestrato tatticamente, dai grandi mezzi tecnici e atletici ma novello Godot, che tutti lo aspettavano e non arrivava mai. Da mesi ormai sta tirando la carretta alla sua maniera, con prestazioni intrecciate tra caos e generosità, sportellate e gol. Dal campo vengono su responsi precisi: nell’Arezzo, contando le ultime 8 gare, ha segnato solo lui. Quelle di Guccione (2 gol) e Gigli (un gol) sono state comparsate sul tabellino marcatori, le sue no: 9 reti, in casa e fuori, e un impatto forte sulle partite, sia dal punto fisico che tecnico.
Non è ancora il Pattarello del girone di ritorno della passata stagione ma ci si sta avvicinando dopo un inizio di campionato così così, in cui pareva l’avessero prosciugato delle energie nervose. Non strappava più, non mangiava l’erba, non saltava l’uomo con la facilità che aveva esibito tante volte. Dopo Perugia, nel primo momento di crisi vera della squadra, qualcosa è scattato. E il rendimento è cresciuto: il 15 dicembre sono arrivati i primi gol su azione alla Pianese, dentro una striscia di prestazioni più solide, più piene, al punto che si può parlare di Pattarello-dipendenza per la squadra.
Il mancino di Dolo è a quota 12 segnature, suo record personale. Per metà hanno influito i rigori (6), comunque trasformati tutti con freddezza e cambiando quasi sempre angolo di tiro. Per chiudere il cerchio gli manca qualche gol pesante su manovra corale: eccezion fatta per quelli rifilati alla Pianese (vittoria 4-2), gli altri non hanno spostato granché. Le reti del 3-0 al Legnago, del 2-4 con il Pontedera, del provvisorio 0-1 alla Ternana si sono rivelati buoni solo per le statistiche. Ma buttarla dentro è sempre positivo. E fare gol aiuta.
L’Arezzo che in questo 2025 sta annaspando, alla ricerca di quell’equilibrio tra fase difensiva e offensiva, tra l’ambizione di scalare la classifica e la necessità di non scivolare più indietro, ha nel suo numero 10 un riferimento sempre più saldo. Lunedì sera, dopo la sconfitta di Terni, Pattarello ha speso parole importanti, non banali in sala stampa. Ha sottolineato la necessità di chiudersi in una bolla per venire fuori dal momento difficile, ha voluto ringraziare pubblicamente Troise a nome suo e di tutta la squadra con un gesto di cavalleria tutt’altro che scontato, ha parlato dei “ragazzi” in riferimento ai suoi compagni di squadra, quasi sentendosi in dovere di metterci la faccia a nome di tutti.
Un atteggiamento da calciatore maturo, da uno che si sente delle responsabilità sulle spalle ma non le rifugge e cerca di gestirle. Due anni fa o l’anno scorso non sarebbe successo di vedere e ascoltare un Pattarello così. Per Bucchi è una risorsa preziosa all’interno del delicato processo di ricostruzione che sta affrontando in questi giorni. Sperando che anche qualche altro calciatore riesca a emergere dal trend a basso cabotaggio dentro cui in tanti sono scivolati.