Rinnovo di contratto per il play amaranto: da quando gioca nel nuovo ruolo la sua media realizzativa si è annullata però è lui che guida i compagni, che accelera e dà respiro alla manovra. Bucchi si fida della sua personalità e del suo piede sinistro e la firma di oggi è il suggello a un’idea coraggiosa che vale per il presente e il prossimo futuro
Filippo Guccione, classe 1992, ha prolungato il contratto con l’Arezzo fino al 2027. Dopo Shaka Mawuli arriva quindi la firma di un altro elemento fondamentale della rosa, sia per qualità tecniche che per esperienza e carisma. Anzi, considerando il ruolo in cui gioca adesso Guccione e la metamorfosi tattica verso cui lo ha spinto Bucchi, questo rinnovo è il sigillo sulla bontà di quell’intuizione.
Il tecnico per il suo 433 ha arretrato Guccione in cabina di regia, affidandogli le chiavi della manovra. Una scommessa ponderata che si sta rivelando vincente: mancino naturale, elegante nella conduzione, Guccione ha sempre avuto nella tecnica e nella visione di gioco i suoi punti di forza. Il piede sinistro resta un marchio di fabbrica: corto o lungo, filtrante o a cambiare fronte, il pallone viaggia con precisione. Se da trequartista o esterno offensivo era abituato a cercare l’ultimo passaggio o la conclusione, da play basso è diventato il primo riferimento per i compagni, quello che riceve dai difensori e decide se accelerare, rallentare o verticalizzare. In un calcio sempre più fisico e frenetico, avere un riferimento capace di “fermare” la partita con la testa e con i piedi è un vantaggio che pochi possono permettersi.
Il cambio di ruolo, inoltre, può avere un impatto diretto sulla carriera. A 33 anni quasi compiuti, Guccione non ha più l’esplosività degli inizi, ma può compensare con intelligenza e posizionamento, riducendo il dispendio atletico. Più che gli strappi in avanti, adesso servono la lettura delle situazioni, il movimento per liberarsi al passaggio, la postura giusta. È una trasformazione che potrebbe regalargli stagioni preziose, oltre a dare all’Arezzo un leader tecnico in mezzo al campo. Certo, non mancano le difficoltà. Il pressing alto su di lui è una contromisura che gli avversari prendono praticamente sempre, mettendogli un uomo alle calcagna, e gli uno contro uno a ridosso della propria area richiedono fisicità e lucidità. Ma Bucchi ha visto in Guccione la personalità per assumersi questo tipo di responsabilità, mentre la squadra sembra seguirlo, affidandosi al suo piede quando c’è da costruire.
C’è anche il rovescio della medaglia ovviamente. Se prima Guccione garantiva 5 o 6 gol all’anno, adesso la media si è annullata. Da quando gioca nel nuovo ruolo, non ha più trovato la porta. Ma i benefici, a giudicare da come stanno andando le cose, superano gli effetti collaterali. Guccione in regia resta un’idea coraggiosa, nata quasi per necessità, che oggi è diventata un progetto su cui investire. Il presente è suo e un altro pezzo di futuro pure. Poi a parlare ci penserà il campo.