la curva sud vuota contro il Sud Tirol

Erano stati diffidati per aver preso parte alla contestazione nei confronti della squadra andata in scena all’hotel Minerva dopo la sconfitta interna con il SudTirol nel dicembre 2020. Ma il tribunale di Arezzo, il Gip e il Tar avevano già smontato l’impianto accusatorio. Lo scorso 6 febbraio l’ultimo atto del procedimento

Si è conclusa davanti al Consiglio di Stato la vicenda giudiziaria di due tifosi amaranto ai quali la questura di Arezzo aveva inflitto un Daspo di 5 anni. Entrambi erano accusati di aver preso parte alla contestazione andata in scena il 6 dicembre 2020, al termine della partita disputata a porte chiuse durante il periodo Covid e persa per 4-0 al Comunale contro il Sudtirol: secondo il capo d’imputazione, “insieme a un gruppo di sostenitori aretini, travisati, avevano aggredito i propri giocatori attendendoli presso l’hotel Minerva, spintonandoli e minacciandoli laddove la squadra fosse stata retrocessa”.

Il Tribunale amministrativo regionale aveva già annullato il Daspo, ritenendo che i provvedimenti fossero sprovvisti di adeguata motivazione; che le intercettazioni telefoniche delle conversazioni tra i tifosi, depositate dal Ministero, costituiscono una motivazione
postuma, pertanto illegittima; che dal materiale probatorio allegato non si potevano individuare con precisione gli autori dei gesti violenti.

Nel frattempo, con sentenza del 6 ottobre 2022, il tribunale di Arezzo aveva assolto gli appellati dal reato contestato, rilevando che non vi era sufficiente prova in merito alla loro partecipazione all’azione intimidatoria nei confronti della squadra. E con provvedimento del 5 agosto 2022 il giudice per le indagini preliminari, per le medesime ragioni, aveva accolto l’istanza di revoca dell’ordinanza di convalida del Daspo, nella parte in cui imponeva la presentazione dei due tifosi in caserma nei giorni e nell’orario delle partite di calcio.

Il Viminale ha però appellato la sentenza del Tar. La terza sezione del Consiglio di Stato, nell’udienza dello scorso 6 febbraio, ha ribadito che “il divieto di accesso agli impianti sportivi, anche se applicato conseguentemente ad azioni compiute in gruppo, deve basarsi sull’individuazione della responsabilità personale dei soggetti attinti dal provvedimento poiché la funzione preventiva personale che svolge, al fine di perseguire il proprio scopo, deve essere indirizzata verso il soggetto che effettivamente abbia manifestato comportamenti rivelatori di una probabilità che possa in futuro compiere azioni pericolose per l’ordine o la sicurezza pubblica”.

Il ricorso del Ministero degli Interni è stato quindi respinto. I due tifosi erano assistiti legalmente dagli avvocati Giovanni Adami e Giulio Ciabattini.