Due giorni ad Arezzo-Perugia ma l’atmosfera non è più quella di una volta. Il calcio cambia e purtroppo non sta cambiando in meglio
Mancano due giorni al derby ma l’atmosfera in città non è quella delle grandi occasioni. La prevendita procede a rilento e a questi ritmi sarà difficile sabato sera avere uno stadio all’altezza di una partita del genere. La scorsa stagione Arezzo-Perugia era in calendario in una domenica di dicembre, era stata indetta come oggi la giornata amaranto e il botteghino fece registrare 5.130 paganti, una cifra di tutto rispetto che, purtroppo, quest’anno sarà difficilmente replicabile. Per la cronaca quello fu il secondo maggiore afflusso stagionale, preceduto solo dalla partita contro il Cesena dove erano presenti 5.645 spettatori. Sono tanti, forse troppi, i motivi che possono spiegare questo calo di passione, che non è solo prerogativa aretina ma investe ormai tutto il calcio italiano da nord a sud. Serie B e Lega Pro, tranne in rarissime eccezioni, stanno convivendo ormai da anni con una emorragia di spettatori continua e costante.

Abbiamo sempre sentito nei vari dibattiti sul problema parlare di caro biglietti, di orari bizzarri, di troppo calcio in tv e di stadi nella maggior parte dei casi fatiscenti. Tutto vero. Questo insieme di cose ha chiaramente allontanato i tifosi dagli spalti ma ultimamente a nostro avviso il problema è stato drammaticamente acuito da un altro fattore. Parliamo chiaramente dei vari divieti e delle varie restrizioni imposte alle tifoserie. Sappiamo tutti che sabato sera non ci potranno essere tifosi umbri allo stadio. Gli scontri di qualche settimana fa in un area di servizio fra tifosi del Perugia e della Lucchese hanno di fatto chiuso alle due tifoserie in questione le trasferte fino alla fine della stagione, eventuali spareggi compresi. Per uno scherzo del calendario quindi lo stadio di Arezzo non vedrà nelle due ultime partite la presenza di tifosi avversari, essendo in calendario alla penultima giornata della regular season proprio Arezzo-Lucchese.

Decisione forte, presa dall’Osservatorio sulle manifestazioni sportive sulla falsariga di un modus operandi ormai consolidato. Se una partita è ritenuta a rischio, a torto o a ragione, si preferisce evitare il problema vietando la trasferta alla tifoseria ospite piuttosto che predisporre un servizio d’ordine in grado di evitare qualsiasi problematica di ordine pubblico. Se le trasferte non vengono vietate, invece, si adottano molte volte provvedimenti assurdi. Limitazione al numero di biglietti, come successe alla tifoseria aretina l’anno scorso a Ferrara, obbligo di tessera del tifoso (strumento ormai obsoleto dopo l’adozione del biglietto nominativo in tutto e per tutto un clone della tessera stessa), fino ad arrivare all’assurdità imposta proprio ai tifosi perugini nella passata stagione per la gara del Comunale, cioè l’obbligo di autobus quale unico mezzo per partecipare alla trasferta. Aggiungiamo anche l’ultimo caso: Pescara-Arezzo rinviata per un rimpallo di responsabilità tra Comune e Prefettura, quando avrebbe potuto giocarsi regolarmente, e poi riprogrammata di mercoledì alle 18, in barba alle esigenze delle persone comuni che lavorano.

Così facendo si serve al tifoso una pietanza senza sale. La presenza della tifoseria avversaria è sempre e comunque una linfa che alimenta la passione. La nostra generazione è cresciuta sull’onda di questa passione ed era elettrizzante vivere la settimana prima del derby o di una gara di cartello. Oggi purtroppo non è più così ed è lo stesso sistema calcio che lo ha voluto. Il tifoso è sempre più messo da parte, quasi sopportato dal sistema che molte volte ne farebbe anche volentieri a meno. Il tifoso che il sistema vorrebbe è quello che paga, sta a sedere (in tribuna o sul divano fa poca differenza, anzi…), compra il merchandising ufficiale, si fa il selfie con la mascotte e, soprattutto, non protesta. E’ un tifoso che guarda una partita, non uno che la vive. Così facendo non ci dobbiamo stupire se in generale sempre meno giovani si avvicinano agli spalti degli stadi di provincia, nonostante ad Arezzo la piazza dia segnali di vitalità. La passione resterà sempre il motore di tutto: se viene soffocata, un derby con gli spalti mezzi vuoti diventerà una triste abitudine.