E’ presto per i bilanci e i giudizi. E questa categoria è sempre stata infida e spigolosa. Ma il viatico sembra buono. Dalla razionalizzazione dei costi alla gestione tecnica, il direttore generale sta lavorando nel modo giusto. La certezza di salire di categoria non c’è, però adesso esistono le condizioni per farlo
E’ presto per fare bilanci e anche per dare giudizi. Nel calcio le cose cambiano in fretta e nell’Arezzo, da quasi cent’anni, ancora di più. Inoltre questa categoria è sempre stata così infida e spigolosa che lasciarsi andare all’ottimismo provoca fastidiosi mal di pancia. Dunque, piedi per terra.
Ci sono però dei dati di fatto, il più evidente dei quali riguarda la bontà del lavoro di Paolo Giovannini, arrivato dopo un biennio di grandi investimenti e di deludenti risultati da parte della dirigenza. Un po’ per scelta e un po’ per necessità, il direttore generale ha dovuto resettare e ricostruire da zero, con tutti i rischi del caso. Possiamo comunque dire, dopo tre mesi dal suo insediamento e con una partita di campionato alle spalle, che il viatico sembra quello buono.
Due erano i compiti, gravosi entrambi, che attendevano il nuovo responsabile dell’area tecnica: allestire una squadra competitiva e razionalizzare le spese di una società che aveva brillato soprattutto per i soldi buttati dalla finestra. La seconda missione, fino a questo momento, sembra centrata: il monte ingaggi è stato ridotto, salvaguardando la qualità della rosa. Le spese per la logistica sono drasticamente diminuite: l’Arezzo parte per le trasferte la domenica mattina, molti ragazzi mangiano e dormono all’hotel Galileo Palace di Rigutino (che l’Arezzo ha ristrutturato dopo averlo acquistato all’asta un anno fa), il parco sponsorizzazioni è cresciuto, come confermato dall’affollamento di loghi sulle nuove divise da gioco. Il colpo d’occhio non è il massimo ma, come tutti sanno, pecunia non olet.
Il vero cambio di passo riguarda, e dovrà riguardare, la gestione tecnica. Arezzo è una piazza complessa, come (quasi) tutte quelle che hanno trascorsi importanti e si ritrovano nella polvere. La gente dà molto (400 persone in trasferta, come accaduto a Orvieto, non le portano nemmeno club di C e di B) e molto pretende. In D, poi, vincere è considerato un atto dovuto. Per questo serviva, serve e servirà un uomo di calcio con esperienza, senso della misura, carisma, autorevolezza, competenza. E anche con un curriculum di livello.
Giovannini, che ha vinto molto in piazze diverse, era uno dei profili più solidi per prendere in mano la situazione. La scelta dell’allenatore, lo spessore del gruppo di giocatori, i tempi rapidi dell’assemblaggio sono punti a suo favore. Aveva anticipato che la rosa avrebbe avuto venti giocatori di movimento più due portieri e così è andata. Che under e over sarebbero stati divisi a metà e in effetti ci sono dieci giovani e dodici più esperti. Puntuali e tempestivi anche i correttivi in corso d’opera, con gli arrivi di Trombini e Bramante.
Squadre senza punti interrogativi non esistono e anche l’Arezzo se ne porta dietro qualcuno. E’ fisiologico. Come è fisiologico che pure Giovannini possa sbagliare qualche scelta. La certezza di vincere non c’è, ovviamente. Però la società si è messa nelle condizioni migliori per farlo. Piedi per terra e speriamo bene. La ruota, dicono tutti, prima o poi gira.