Massimiliano Bernardini è diventato il nuovo allenatore dell’under 19 dalla scorsa estate. Tre vittorie e un pareggio messi a referto nelle prime 4 gare di campionato con una rosa ricca di giocatori nati fra Arezzo e provincia. “Avere il sangue amaranto aiuta, ma i tre punti non sono tutto. L’obiettivo è far crescere i ragazzi, queste per me sono le vere vittorie”

Reduce da una stagione positiva in cui ha vinto il proprio girone di campionato, arrivando fino ai quarti di finale della fase nazionale, mister Massimiliano Bernardini si è preso la rosa della Juniores Nazionale. Chiamato al posto di Andrea Sussi e Jody Zurli, che si sono alternati in panchina, l’ex allenatore dell’under 17 amaranto è partito con il piede giusto: vittoria 2-0 all’esordio contro il Grosseto, 0-0 a Sangiovanni e due vittorie pirotecniche contro Terranuova (4-2, da svantaggio di due reti) e Città di Castello. Tanti ragazzi messi in mostra come Mazzi, Pernici, Bonavita, Zhupa, Scichilone e un lavoro che fa della continuità il segreto per i successi futuri, personali e di squadra.

“Questo gruppo lo conosco bene, molti ragazzi li ho presi da piccoli e oggi li porto con me in quello che sarà l’ultimo step prima del grande salto. Per un aretino è sempre un onore poter allenare la squadra per cui tifa. Rispetto alle precedenti stagioni quest’anno lavorerò con il mio staff più vicino alla prima squadra, quindi il compito sarà quello di formare giocatori pronti e di aiutare i ragazzi nel loro percorso di crescita”.

Da dove proviene calcisticamente Bernardini?

Ho iniziato ad allenare subito dopo aver smesso di giocare, sono partito dalle giovanili del Cortona Camucia. Successivamente ho allenato la Fratta Santa Caterina in prima categoria, dove sono stato due anni vincendo un campionato. Poi dopo altri due anni alla Valdichiana è arrivata la chiamata dell’Arezzo. Questo per me è il quinto anno in amaranto.

Si aspettava la chiamata alla guida della Juniores?

Non me l’aspettavo anche se ci speravo, per me è una grande opportunità che voglio sfruttare alla grande. Ho cominciato un percorso con tanti di questi ragazzi e adesso sono molto felice di portarlo avanti fino alle soglie della prima squadra, si spera.

E’ contento dell’inizio di campionato?

Nonostante una preparazione iniziata con il gruppo non ancora al completo, sono soddisfatto ma si può sempre fare di più e meglio. Io per natura chiedo sempre il massimo e sono convinto che si debba ancora migliorare molto, non solo a livello di risultati dove comunque abbiamo raccolto tre vittorie e un pari.

Quanto è importante avere una rosa con molti calciatori nati in città?

E’ importante per sentirsi la maglia cucita nella pelle, ma se vogliamo dirla tutta questo è un gruppo che mi porto dietro da 4 anni, e nonostante la retrocessione della prima squadra nessuno dei ragazzi è voluto andare via. Anzi, avvertivano come il dovere di rendere qualcosa di giusto alla società. Oramai tutti si sentono aretini di nascita, non solo chi è nato qui.

Quale è secondo lei la difficoltà maggiore per un allenatore del settore giovanile?

Fare capire ai ragazzi che le “distrazioni” non devono mandarli fuori strada. La maglia dell’Arezzo è pesante, devono capire l’opportunità che stanno avendo e non farsela sfuggire, per qualcuno il calcio potrebbe diventare il proprio lavoro. La cosa importante è rimanere sempre concentrati su quello che deve essere il cammino che ognuno di noi, e mi ci metto pure io, deve portare a termine. L’amore per questo sport deve prevalere su tutto, almeno così lo era per me, perché quando giocavo vedevo il calcio come ragione di vita. E come dico sempre: se il calcio per te è solo un passatempo, allora ci sono tanti hobby quali calcetto, partitelle con gli amici… L’impegno deve essere sempre costante.

Sarebbe più felice di vincere il campionato o di lanciare una buona parte dei suoi ragazzi fra i professionisti?

”Ti rispondo facendoti un esempio di un ragazzo a cui sono molto legato, Rajan Maloku. L’ho avuto l’anno scorso e quest’estate la società lo ha mandato giustamente in prestito per farlo crescere alla Terranuova Traiana, dove è titolare inamovibile come confermato da alcuni loro dirigenti quando due settimane fa giocarono al Comunale. Seppure all’inizio giocasse come attaccante, l’ho convinto che se avesse cambiato ruolo, imparando a fare il terzino, avrebbe potuto avere un’ottima carriera. Potrà diventare il futuro dell’Arezzo, anche come centrale di difesa. La mia più grande soddisfazione è vedere un giorno i ragazzi che ho allenato, esordire in qualche squadra professionistica. Se dovessi vincere un campionato senza lasciare nulla ai giocatori, vorrebbe dire aver fallito. In caso contrario sarebbe come avere vinto due volte, sul campo, come allenatore pure come educatore”.