il saluto della squadra ai tifosi fuori dallo stadio

La vicenda della chiusura della sud è stata grottesca dall’inizio alla fine, tra gesti scriteriati, decisioni folli e negligenze censurabili. E il clima ovattato ha condizionato la prestazione della squadra, meno adrenalinica del solito nonostante in difesa e a centrocampo si siano registrate buone prove individuali. Durante e dopo la campagna trasferimenti di gennaio, in cui la rosa non ha perso nemmeno un titolare e ne ha inseriti due, l’allenatore ha ripreso a cambiare formazione con puntualità, sollevando qualche critica. Ma i risultati dell’ultimo anno e mezzo gli danno ragione

COME A TEATRO – Che la curva vuota e il clima ovattato dello stadio abbiano influito sulla prestazione della squadra, è evidente. E’ stata una partita diversa dalle altre, è mancata adrenalina in campo e l’Arezzo ha pagato l’atmosfera surreale in cui si è giocato. La vicenda della squalifica alla sud si è snodata grottesca fin dall’inizio: dal gesto scriteriato di chi ha tirato il bombone all’incapacità delle forze dell’ordine di individuare il reo, nonostante le società siano obbligate a spendere fior di quattrini per dotare gli stadi di avveniristici impianti di video sorveglianza. Folle punire 1.101 abbonati per colpa di una sola persona, paradossale non consentire loro di comprare biglietti per altri settori, censurabile da parte della società la negligenza con cui si è affrontato il problema. Un pateracchio dall’inizio alla fine.

POLVERI BAGNATE – Il primo 0-0 interno della stagione è figlio di una prova discreta fino alla trequarti, di qualche errore di troppo in palleggio e di una fase offensiva poco ispirata. Alla fine Trombini non ha dovuto fare una parata, De Lucia invece un paio importanti, Catanese ha colpito il palo e solo in zona Cesarini l’Arezzo ha corso un brivido sventato da Mawuli. Se giochi con quattro uomini d’attacco e uno o due steccano, qualcosa di buono può saltare fuori lo stesso. Se steccano tutti e quattro, non segni mai. Così è stato.

EKUBAN? – Indiani ha le sue ragioni che la ragione, a volte, fatica a comprendere. Una è legata all’apprendistato dei nuovi acquisti, che prima di vedere il campo devono calarsi nel gruppo per non meno di dieci/quindici giorni. L’allenatore, su questo, non ha mai fatto deroghe. Ieri, a un certo punto, Gucci non ne aveva più. E dare spazio a Ekuban (arrivato venerdì) per un quarto d’ora sarebbe stato logico, comprensibile. Anche perché, da che calcio è calcio, la gara d’esordio per un attaccante è sempre particolare, speciale, sui generis. Magari Ekuban, che non segna da quasi due anni, si giovava del cambio d’aria e la buttava dentro. Ma è un dubbio che resterà senza risposta.

IL PUNTICINO – Sarebbe un errore giudicare l’ultima prestazione senza tenere conto dell’avversario. L’Entella segna poco ma ha una delle difese più solide del campionato (2 gol al passivo nelle ultime 9 giornate) ed è in salute (non perde in trasferta dal 12 novembre). Il pareggio quindi ci sta. A volte bisogna sapersi accontentare e anzi, qualche pareggino in più, seminato qua e là durante la stagione, avrebbe fatto comodo.

TURN OVER – Polvani e Damiani, titolari rispettivamente dopo oltre quattro mesi e dopo quasi due mesi, sono risultati tra i migliori in campo. Due le riflessioni. La prima: l’assenza prolungata di Polvani, ancorché assorbita bene dalla squadra, è stata una zavorra pesante e forse sottovalutata da critica e pubblico. La seconda: Indiani ha ripreso a cambiare formazione con puntualità, rinunciando a un undici base per tenere tutti sulla corda. Qualcuno questa situazione la soffriva (Iori) e ha chiesto di uscire. Gli altri magari mugugnano ma poi rispondono sul campo. Damiani è l’ultimo esempio.

SU E GIU’ – Diverso è il caso di Settembrini, capitano e punto di forza della squadra. Squalificato con il Rimini, è finito in panca a Carrara e poi anche con il Pescara. A Olbia è tornato tra i titolari e con l’Entella ne è uscito un’altra volta. La rotazione va bene ma con certi giocatori si corre il rischio di esagerare. Poi è pur vero che nel calcio ci sono periodi sì e periodi no e per Settembrini non c’è molto da fare se non attendere. La ruota, per chi sa giocare a calcio, gira sempre.

ARRIVI E PARTENZE – A mercato chiuso, il popolo si chiede se l’Arezzo si sia indebolito o rafforzato. Analizzando le operazioni viene fuori che in difesa sono usciti due ragazzi giovani che avevano pochissimo spazio (Poggesi e Zona) ed è arrivato un titolare come Donati; in attacco si è svincolato un centravanti che, a torto o a ragione, era fuori lista da dicembre ed è stato tesserato un 23enne dal cv non certo scintillante ma che conosce la categoria e che dà un’alternativa a Gucci; poi è stato ceduto Iori (un esterno offensivo) che reclamava più spazio ed è entrato Catanese che è uno dei tuttocampisti dal rendimento più alto nel girone. Se la squadra sia più forte di prima, lo dirà il campo. Di sicuro non è più debole.

L’ALLENATORE – Indiani, è cosa nota, non è uno che sa vendere il proprio lavoro come altri colleghi. Ed è vero che ha degli spigoli gestionali che risultano spiazzanti per chi osserva da fuori. A volte una maggiore linearità nelle scelte e nelle relative spiegazioni, alzerebbe il livello del consenso. Ciò premesso, è un allenatore che in un anno e mezzo ad Arezzo ha vinto un campionato con tre giornate di anticipo in D e sta guidando la squadra a cavallo della parte sinistra della classifica in C. Poi tutte le osservazioni possono essere legittime ma da questo punto fermo bisogna partire.