Era il 6 febbraio 2022 e scattò la contestazione più feroce degli ultimi anni, più ancora di quella post retrocessione. La partita contro l’Unipomezia, vinta 3-0, si giocò con i gruppi della sud sulla collinetta di San Cornelio. Non c’era di mezzo alcun provvedimento del giudice sportivo, bensì la scelta estrema di disertare lo stadio per mettere la proprietà spalle al muro. Ma quel giorno segnò una svolta positiva. Il presidente: “Sbagliai a dire certe cose, tesi la mano, mi confrontai con i tifosi. Oggi per fortuna tra noi c’è un bel rapporto”

Era il 6 febbraio 2022 e scattò la contestazione più feroce degli ultimi anni, più ancora di quella post retrocessione. La partita con l’Unipomezia, vinta 3-0, si giocò con i gruppi della sud sull’Aventino, cioè sulla collinetta di San Cornelio. Non c’era di mezzo alcun provvedimento del giudice sportivo, bensì la scelta estrema di disertare lo stadio per mettere la proprietà spalle al muro.

Il periodo era tremendamente critico. Pochi mesi prima era stata persa la serie C e la serie D stava riservando solo delusioni dopo un buon inizio di campionato, rivelatosi un fuoco fatuo. Il ds De Vito, confermato a luglio, aveva rassegnato le dimissioni in autunno “per motivi personali”. Al suo posto era stato promosso Tromboni dal settore giovanile, che dopo poco esonerò l’allenatore Mariotti e portò su dalle giovanili Sussi, con il quale aveva vinto lo scudetto Primavera. Ma durò poche settimane e Mariotti, a gennaio, tornò in panchina.

L’Arezzo era ormai irrimediabilmente dietro al San Donato di Indiani e al Poggibonsi di Calderini, nonostante al mercato di riparazione la squadra fosse stata rivoltata come un calzino. Nei confronti di Guglielmo Manzo, che era diventato presidente due mesi prima, c’era una sfiducia palpabile, anche a causa dei bilanci del club che segnavano un passivo milionario.

Sembrava il punto di non ritorno e invece, con il senno di poi, quella domenica segnò una svolta positiva, che ha portato alla ristrutturazione dell’area tecnica, al risanamento dei conti, al ritorno tra i professionisti e alla riscoperta di un legame solido con la città. Lo ha raccontato lo stesso Manzo nella serata organizzata da Orgoglio Amaranto a teatro, dieci giorni fa.

“Qualche tempo prima avevo commesso un grande errore in conferenza stampa, quando i tifosi avevano fatto irruzione nella sala. Dissi che lo stadio era casa mia, fu uno sbaglio. Riguardandomi pensai: io non sono così, quest’arroganza non fa parte di me. E chiesi scusa: se riesci a farlo, nella vita sei già a metà dell’opera. Da lì scattò una molla, anche la gente capì che davanti non c’era un pupazzo ma c’era un uomo. Ricordo che ci fu un confronto virile con la curva, fu importantissimo. Oggi per fortuna tra noi c’è un bel rapporto”.

LA FOTOGALLERY DEGLI STRISCIONI DI CONTESTAZIONE