Il direttore sportivo tra passato, presente e futuro: “Per me la stagione resta positiva, nonostante l’amarezza dell’eliminazione dai playoff. Ho commesso degli errori, anche se rifarei molte delle scelte che ho fatto. Il presidente Manzo ha un suo modo di vivere le cose, è uno diretto, ma finora non mi sono mai sentito scavalcato, con lui c’è sinergia totale. Qualche giocatore sotto contratto partirà, dobbiamo migliorare il livello della rosa. Io vorrei fare carriera e portare in alto questa società è uno dei miei desideri più grandi”
Direttore, è stata una stagione positiva per l’Arezzo? O il finale così brusco ha rimesso in discussione tutte le analisi?
Per me resta una stagione positiva, in linea con gli obiettivi iniziali. Ci sono stati momenti in cui abbiamo sognato qualcosa in più e altri in cui abbiamo dovuto fronteggiare difficoltà impreviste. Alla fine la bilancia pende dalla parte giusta.
Davvero nessun rimpianto?
Nei playoff potevamo andare più avanti, questo sì. Ma se valuto tutto a 360 grandi, dico che dobbiamo essere soddisfatti. Rifarei anche le scelte legate ai due allenatori che abbiamo avuto, cioè Troise e Bucchi.
Cos’è che non ha funzionato con Troise?
A un certo punto la squadra non riusciva più a reagire, a salire di livello. Lo 0-0 di Gubbio è stato cruciale, ci trovammo per una larga fetta di gara con l’uomo in più senza sfruttare la superiorità numerica. Fino a quel giorno secondo me non si erano delineate le premesse per un cambio di panchina.

Neanche dopo la sconfitta di Perugia o dopo quella interna con il Pontedera?
Furono due batoste, è vero. Però il trend complessivo ci rassicurava: abbiamo girato a 32 punti, eravamo in piena zona playoff. Aggiungo che gli infortuni lunghi di Chierico e Damiani hanno avuto il loro peso. Continuo a ritenere Troise un allenatore preparato, credo e spero che l’esperienza di Arezzo lo farà crescere.
Considerando gli elogi spesi per Bucchi, perché non prenderlo direttamente a inizio stagione?
Perché in estate era un profilo inarrivabile, nonostante le nostre ambizioni. A stagione in corso si ragiona in modo diverso e sono felice di poter impostare con lui il futuro dell’Arezzo.
La società ha annunciato l’allungamento al 2028 dei vostri contratti prima dell’inizio dei playoff, come a dire che l’annata era da considerarsi soddisfacente già in quel momento e che tutto il resto sarebbe stato un di più. E’ un’interpretazione sbagliata?
Il messaggio era un altro e cioè che la programmazione va avanti, l’Arezzo non vuole fermarsi. Per quanto mi riguarda, non sarò mai un problema per questo club, a prescindere dalla durata del mio contratto. Bucchi è il profilo giusto per garantirci il salto di qualità.
Tornando al cambio di allenatore a inizio febbraio. Chi ha rotto gli indugi e preso la decisione di dare una sterzata?
L’uomo di campo sono io, la decisione è stata mia. Poi aggiungo che con il presidente Manzo c’è un rapporto di sinergia totale, quindi le scelte sono sempre state condivise. Però in ambito tecnico la responsabilità, nel bene e nel male, è del sottoscritto.
E’ difficile convivere con un presidente talvolta ingombrante?
Sarebbe stato più difficile qualche anno fa, quando è entrato nel mondo del calcio. Oggi ha un approccio differente, più consapevole delle dinamiche che governano uno spogliatoio. Ha un suo modo di vivere le cose, è molto diretto, ma questo fa parte del carattere di ognuno di noi. Finora non mi sono mai trovato in difficoltà né sentito scavalcato.

Qualche settimana fa era circolato il nome di Fabrizio Lucchesi, subito smentito, come nuovo ingresso nell’organigramma. Un direttore generale servirebbe all’Arezzo oppure no?
Non devo essere io a dirlo, sono decisioni che spettano alla proprietà. Se il presidente ritenesse necessario inserire una nuova figura, per me non ci sarebbero remore di nessun tipo.
Francesca Manzo, la figlia del presidente, avrà un ruolo più operativo in futuro?
Credo che si vada in questa direzione. Ma ripeto, incarichi e ruoli non li assegno io. Io devo solo cercare di svolgere al meglio il mio compito, limitando gli errori.
Qual è il valore di mercato di Pattarello?
Impossibile dirlo adesso, dipenderà dalle offerte. Noi siamo sereni, Pattarello ha altri due anni di contratto e non c’è un epilogo scontato. Potrebbe anche restare qua con piena soddisfazione sua e nostra. Vedremo, è molto presto ancora.
C’è il timore di qualche altra partenza eccellente?
Non ne ho. Anzi, Arezzo è una piazza ambita per tanti motivi, compreso il fatto che il gruppo è buono, solido, affiatato. L’altro giorno, quando ci siamo salutati, ho colto il dispiacere di separarsi per qualche settimana. Sia io che i ragazzi sappiamo comunque che dovranno essere fatte delle scelte per il bene della squadra e per alzare ulteriormente il livello della rosa.

Qualche giocatore sotto contratto potrebbe partire quindi?
Sì. La prossima settimana ci vedremo con il presidente e il mister per tracciare le linee di mercato.
Faccio alcuni nomi per capire se c’è un primo orientamento della società: Righetti, Coccia, Mawuli.
Righetti aveva un’opzione di rinnovo fino al 2026 al verificarsi di determinate condizioni. E’ un nostro giocatore come Coccia e Mawuli, per i quali abbiamo esercitato l’obbligo di riscatto.
Santoro, Ravasio, Chierico.
A Santoro ho fatto firmare l’allungamento fino al 2027, è stato sempre positivo nel gruppo, studieremo la soluzione migliore per lui e per noi. Ravasio farà parte della rosa, ci crediamo molto anche in prospettiva. Chierico rappresenta il prototipo della mezz’ala del futuro, me lo tengo stretto.
E Capello?
E’ un giocatore importante, avremo tutto il tempo per valutare insieme allo staff.
Ci sono giocatori che rientrano dai prestiti?
Bianchi dalla Casertana e Gaddini dal Pontedera. Per quanto riguarda Del Fabro, il Catania ha il diritto di riscatto. Vedremo cosa deciderà di fare.

Del Fabro non ha mai reso secondo le aspettative. Perché?
Nel calcio ci sta di sbagliare. Del Fabro è un difensore d’esperienza e di curriculum, probabilmente aveva bisogno di un sistema di gioco diverso.
L’acquisto più atteso nell’estate 2024 era il centravanti. E invece si è rivelato il meno azzeccato di tutti. Cos’è che ha frenato Ogunseye?
Ha risentito più degli altri delle difficoltà che ha incontrato la squadra. Poi, dopo l’arrivo di Ravasio, ha avuto pochissimo spazio. Mi spiace per lui, nelle ultime stagioni aveva sempre recitato la sua parte in squadre di vertice in serie C. Lo avevamo seguito già l’anno prima, era nella nostra lista. Non tutti gli innesti vanno a buon fine, l’importante è imparare dai propri errori.
Per chiarire una volta per tutte. Quale sarà l’obiettivo dell’Arezzo nella prossima stagione?
Vogliamo migliorare il quinto posto, quindi stazionare nell’alta classifica e concederci il privilegio di sognare la B. E’ il percorso di cui parlavo prima. Detto questo, so bene come vanno le cose e so che bisogna tenere i piedi per terra. Il nostro potrebbe diventare un girone di ferro, con 6 o 7 società importanti, piazze blasonate come la nostra che puntano allo stesso traguardo. Sarà difficile e stimolante in egual misura.
A livello personale, quali insegnamenti ha portato questa stagione appena conclusa?
Ogni annata, ogni risvolto quotidiano rappresenta una crescita. Io ho passione per questo lavoro, sono legato ad Arezzo perché qui ho giocato, ci vivo. Vorrei fare carriera, è normale, e portare in alto questa società è uno dei miei desideri più grandi.