9 giugno 1985, Beppe Rosi e Menchino Neri (foto Museo Amaranto)

Lo scorso 9 giugno aveva partecipato alla festa per il quarantennale della prodezza di Neri. Un malore gli è stato fatale a 70 anni

E’ morto Beppe Rosi, fotografo di professione, aretino vero, con un carattere vitale che lo rendeva un uomo piacevole da frequentare. Per tanti anni collaboratore dello studio Tavanti, si era poi messo in proprio, spinto da una passione incrollabile per il suo lavoro e per lo sport.

Era anche un tifoso amaranto e il mestiere gli consentiva di seguire le partite da una posizione privilegiata, lì a bordo campo, intercettando parole, sguardi e retroscena. In più circostanze si beccò le ramanzine degli arbitri, costretti a redarguirlo per spingerlo a un comportamento meno colorito e più consono alle circostanze. Ma la sua esuberanza ha avuto un ruolo determinante nell’episodio clou della storia dell’Arezzo calcio: fu proprio lui, il 9 giugno 1985, a sollevare il morale di Menchino Neri, affranto dopo il rigore fallito con il Campobasso, spingendolo dentro il terreno di gioco con la forza brutale dei gesti e delle parole. Uno scrollone emotivo che, di lì a un minuto, consentì al capitano di segnare in rovesciata il gol vittoria.

Due mesi fa Beppe Rosi aveva partecipato alla festa per il quarantennale della prodezza di Neri, organizzata dal Museo Amaranto, raccontando una gustosa serie di aneddoti con il suo impagabile entusiasmo. Nulla lasciava presagire ciò che è accaduto ieri, mentre si trovava in vacanza. Un malore gli è stato fatale a 70 anni, strappandolo all’affetto dei suoi cari ma non al ricordo che tanti aretini e tutti i tifosi amaranto conserveranno di lui. Alla famiglia le più sentite condoglianze della redazione di Amaranto Magazine.