Un po’ in anticipo con i tempi ma è bene avvantaggiarsi. Trent’anni fa avevo scritto una letterina, che forse non è arrivata a destinazione. Oggi mi cimento di nuovo, sperando che il mio desiderio venga esaudito
Sono passati una trentina d’anni da quando un bambino di nome Daniele partecipò a una richiesta di un giornale locale, che nel periodo delle festività decise di pubblicare le migliori letterine scritte dagli alunni delle scuole elementari a Babbo Natale. Non era un concorso a premi, semplicemente una iniziativa in salsa natalizia utile a dare un po’ di spazio a creature innocenti che con le loro parole e le loro idee (alcune un po’ influenzate dai genitori) avrebbero scaldato il cuore dei lettori e magari pervaso le case di bontà e speranza nel futuro. Tra le varie richieste di particolari giocattoli, di cuccioli da coccolare, alcuni chiesero maggiori spazi verdi per la città, qualcuno l’immancabile pace nel mondo, ma uno soltanto (amaranto) avanzò una richiesta specifica, che qualcuno avrà visto sicuramente come egoistica e banale, ma sicuramente sincera e che gli veniva dal cuore: una mano per l’Arezzo. Erano gli anni a cavallo tra i dilettanti e il ritorno nel professionismo, con Serse Cosmi alla guida tecnica e Ciccio Graziani a quella dirigenziale, dove i soldi erano pochi e le spese tante (anche per ammissione dello stesso Ciccio), e quindi il piccolo Daniele, tifoso già super appassionato e totalmente devoto alla causa, pensò bene di chiedere aiuto a Babbo Natale per cercare qualche persona abbiente che potesse subentrare e prodigarsi affinché le cose migliorassero e il cavallino potesse tornare a galoppare veloce, con la criniera al vento, nel più breve tempo possibile.
Come avrete potuto intuire, quel bambino già deturpato nell’animo dalla totale e indiscussa fede nell’Arezzo, ero io. Ormai del bambino non ho più niente, almeno dal punto di vista fisico, ma una scintilla di fanciullezza, forse, mi è rimasta se alla soglia dei 40 anni ancora ripenso a quella lettera e metaforicamente ne scrivo un’altra diretta a Babbo Natale, che con i suoi tempi e passando da innumerevoli proprietà (spesso fallimentari, spesso farlocche, spesso deludenti) che hanno alimentato i rimpianti e rinverdito la parola “tormento” in “tormento ed estasi” quando ci si riferisce all’Arezzo, voglio sperare che abbia ascoltato quella richiesta. Quindi, forse con fare un po’ ingordo, invece di accontentarmi e godermi il momento, rincaro la dose e rilancio con gli interessi.

Parlando a nome mio, ma sono convinto di parlare a nome di tutti quelli che da 30 o più anni seguono le gesta del cavallino, sia nel momenti belli (pochi) che in quelli brutti (troppi), ti chiedo, caro Babbo Natale, che stavolta sia la volta buona. Che stavolta tocchi a noi. Che questa sia un’annata da ricordare per chi si è letteralmente mangiato la polvere per anni, per chi si è fatto insultare in campi (perché dire stadi sarebbe offensivo sia da un punto di vista sportivo che architettonico) ai limiti dell’osceno, per chi si è preso ettolitri di acqua, freddo e gelo, per chi ha sacrificato momenti di relax da solo o con la famiglia per farsi 400 o 500 chilometri in un giorno, prendere 3 pere, tornare a casa incazzato nero ripetendosi “ma chi me l’ha fatto fare” con contorno di imprecazioni e bestemmie varie e alla partita successiva era di nuovo lì, incurante di tutto. Per chi non può venire da qualche anno, per chi non c’è più e non potrà vedere niente di quello che farà e succederà all’Arezzo, e visto che nel periodo natalizio siamo tutti più buoni, anche per quelli che mi stanno poco simpatici e vengono solo quando si vince, per farsi vedere e farsi i selfie allo stadio, salire sul carro dei vincitori, che vengono perché “così se va a mangiare il pesce” e poi tornare, alla prima difficoltà, a cogliere le olive, a incolpare la moglie o il marito perché “non mi ci manda”, a dire che hanno da fare o semplicemente “a me non me c’arvedeno”. Almeno, dato che siamo tutti di Arezzo, possiamo essere tutti felici e contenti almeno per una volta.
So di essere in anticipo sui tempi, però sono sempre stato un ragazzo preciso e quindi mi avvantaggio, sperando che tu non sia ancora troppo indaffarato e possa leggere con calma questa letterina di un bambino di quasi 40 anni, e tu possa dare una mano per realizzarla.
Quindi, in conclusione, caro Babbo Natale ti ringrazio, ti saluto e spero che tu possa contribuire alla mia richiesta e speriamo che stavolta tocchi a noi.












