La prima di “Solo Coppi temo” è andata in sena all’auditorium di San Francesco al Prato a Perugia, in un intreccio di vittorie e di sconfitte, di gioie e di delusioni, che hanno dato tutt’altra luce al percorso umano e professionale di Cosmi. Gli ex amaranto in platea e la possibile replica dello spettacolo ad Arezzo
Emozionato lui ed emozionante il suo monologo di un’ora e mezza, con gli intermezzi di Giovanni Guidi al pianoforte e dj Ralf alla consolle. Serse Cosmi è salito sul palco dell’auditorium di San Francesco al Prato, a Perugia, e ha raccontato le tappe più significative della sua vita, della sua carriera, in un intreccio di vittorie e di sconfitte, di gioie e di delusioni, che hanno dato tutt’altra luce al suo percorso umano e professionale. Sono stati 90 minuti diversi da quelli solitamente vissuti in panchina ma interpretati con la proverbiale combattività e con l’inconfondibile timbro vocale.
Il nome di battesimo, scelto dal padre Antonio in omaggio a Serse Coppi, ha rappresentato il punto di partenza della storia, che poi si è snodata dai successi nei dilettanti con la Pontevecchio al rapporto simbiotico con Genova e con il Genoa, grazie anche alla musica di Faber, passando per la vittoria di San Siro con il Perugia in serie A e il ricordo accorato di Luciano Gaucci. “Un visionario che, quando allenavo ad Arezzo, ha saputo vedere per me un futuro che gli altri non immaginavano nemmeno” l’ha definito Cosmi, senza nascondere una lacrima, la stessa che gli è scesa sul viso quando sul ledwall alle sue spalle è comparsa l’immagine di Fabrizio Palazzoni, l’amico d’infanzia che lo ha seguito ovunque e che se n’è andato all’inizio del 2021.
C’è stato spazio anche per Eric Cantona, il ribelle del calcio dall’indole magnetica, il talento che a una delle domande più banali che si possono rivolgere a un attaccante rispose: “il mio gol più bello è stato un passaggio”. E poi Maurizio Crozza, con quell’imitazione che trasformò Cosmi in un personaggio televisivo, imprigionandolo dentro una gag e un tormentone sempre più limitanti. Il tutto rielaborato tramite i ricordi dell’infanzia, il legame indissolubile con il Tevere, l’amore per il calcio.
Nella platea gremita e anche incuriosita da uno spettacolo originale, si sono seduti Materazzi e Miccoli, Baronio e Riccardo Gaucci. Non potevano mancare gli ex amaranto che con Cosmi hanno condiviso parte del suo percorso aretino o che l’hanno apprezzato in seguito: Palazzi e Grilli, Bazzani e Tardioli, Goretti e Sensibile.
Sulla ribalta, dietro la barba candida e gli occhiali scuri, il solito Serse di quando esordì al Comunale nel 1995, quello che pretendeva da tutti i suoi giocatori la stessa passione che aveva lui “e che oggi invece non trovo quasi più”. Il mister del doppio salto dalla serie D alla C1 si è messo a nudo in un teatro per dimostrare a se stesso e ai suoi colleghi che il calcio catalizza, assorbe, prosciuga ma non c’è solo quello. E che ognuno di noi ha interessi da coltivare per dare un senso al futuro. “Non so se la mia vita sia stata giusta o sbagliata, so che la mia vita è questa” ha concluso Serse.
Poi solo applausi per una rappresentazione che ha visto la regia di Alessandro Riccini Ricci e i testi di Valeria De Rubeis, alcuni dei quali ispirati all’autobiografia “L’uomo del fiume” pubblicata nel 2002. Forse Cosmi porterà il suo monologo, intitolato “Solo Coppi temo”, in altre città. In tal caso, Arezzo sarebbe un palcoscenico ideale.