Da trequartista a play basso: un’evoluzione che Bucchi sta cucendo addosso a uno dei calciatori più talentuosi della rosa. Perché l’idea è di comandare le partite e per farlo servono gli interpreti giusti, dotati di tecnica sopra la media. Il 7 amaranto è monopiede ma con il mancino fa tante cose buone. Dovrà abituarsi a disinnescare il pressing orientato, le chiusure preventive e la fisicità degli avversari, tutte robe con cui convive da anni. Alla squadra si aprirebbero orizzonti nuovi, a lui potrebbe allungarsi la carriera
La tecnica ce l’ha. La visione di gioco anche. La personalità pure. Dunque sì, Filippo Guccione può fare il regista. E la sua nuova posizione potrebbe rappresentare una chiave di volta per l’Arezzo, un raffinato escamotage per pulire l’avvio della manovra e alzare la qualità del possesso. Bucchi questa soluzione l’aveva provata per tutta la settimana scorsa e poi l’ha riproposta a Rimini all’interno di una formazione ultra offensiva, con tanti interpreti portati ad attaccare più che a difendere, ricevendone un responso incoraggiante dal campo. Adesso l’idea è di proseguire su questa strada, dando spazio agli elementi di maggior tecnica della rosa per comandare le partite, indirizzandone gli episodi.
E’ interessante e stimolante, all’interno di questo work in progress, anche l’impiego di Capello da intermedio nel 433: lui, finto nove o rifinitore o seconda punta, trasformato in un centrocampista a tutto tondo, che in una squadra corta e aggressiva può convivere con le difficoltà in fase di non possesso e valorizzare le doti nell’ultimo passaggio, come accaduto lunedì sera. Ma la metamorfosi di Guccione da trequartista a play basso è il dettaglio che in questo momento catalizza l’attenzione.
Di precedenti simili ce ne sono più di uno. Per restare a vicende amaranto, possiamo citare Francesco Dell’Anno, che nel corso del tempo arretrò la sua posizione, guadagnandoci in concretezza e presenza dentro il gioco: aveva un compasso nei piedi, mettersi a dirigere le operazioni non gli costò troppo sacrificio, anzi. Oppure Adrian Ricchiuti, il quale venne impiegato da Cabrini come mezz’ala pura dentro un modulo con un solo interdittore, cioè Campofranco, a protezione di una batteria di attaccanti formata da Vendrame, Bonetto, Benfari, Frick e, per l’appunto, il 10 di Lanus: quell’anno fece benissimo e anche nelle stagioni successive tornò a giostrare da centrocampista. Oppure ancora Fabio Liverani: nel 99/00 segnò una doppietta all’Arezzo con la maglia della Viterbese. Faceva il trequarti ma Cosmi, che l’anno dopo se lo trovò in A al Perugia, gli abbassò il raggio d’azione di trenta metri: “Dietro le punte non la prenderebbe mai, davanti alla difesa può esplodere”. E infatti arrivò in Nazionale.
In quel Perugia giocava anche Bucchi, che la storia se la ricorderà bene. Ora a Guccione, 32 anni compiuti a novembre, per reinventarsi metronomo, servirà un reset mentale. In quel ruolo cambiano compiti, richieste e sforzo fisico. Non più dai e vai, scatti brevi in sequenza ma un passo più costante, meno rapidità e più resistenza, con una porzione diversa di campo da coprire. Non più finalizzatore ma costruttore, con una postura del corpo che è la vera fortuna del regista: se sei orientato nel modo giusto, ricevi palla e puoi trovare corridoi aperti, linee di passaggio che mandano fuori giri il marcatore diretto e gli avversari; se sei orientato nel modo sbagliato, al massimo fai il battimuro, te la danno e la restituisci dietro o la giochi orizzontale, a due metri, rallentando l’azione.
Stamani a Rigutino, durante l’allenamento, Bucchi ha parlato più volte con Guccione: “Se c’è da giocare a un tocco, a due o a tre, lo decidi tu. Dipende dal momento della partita, devi saperlo interpretare”. Il 7 amaranto è monopiede ma con il mancino fa tante cose buone: sa giocarla corta e cambiare fronte con eguale disinvoltura, vede in verticale, ha il tiro in porta. Dovrà abituarsi a disinnescare il pressing orientato, le chiusure preventive e la fisicità che caratterizza il calcio di oggi, tutte robe con cui convive da anni perché, in questo senso, da sotto punta il mondo non era troppo diverso. Per l’Arezzo, un Guccione con la convinzione giusta in quel ruolo schiuderebbe orizzonti nuovi. E a Guccione un’evoluzione tecnica di questo tipo potrebbe allungare la carriera.