La vicenda suscitò grande scalpore e il vicepresidente del club laziale venne squalificato per cinque anni, poi ridotti a un anno e 8 mesi. Ieri l’udienza in tribunale
Il 22 maggio 2019, nel pre partita di Viterbese-Arezzo dei playoff, il presidente amaranto Giorgio La Cava venne aggredito alle spalle mentre rientrava negli spogliatoi dopo essere andato a salutare i tifosi aretini nel settore ospiti. Qualcuno lo colpì alla testa con un pugno, facendolo cadere a terra. La Cava riportò una ferita al capo e per lui si rese necessario il trasporto in ospedale con l’ambulanza, con dieci giorni di prognosi.
”E’ stato Luciano Camilli, il vicepresidente della Viterbese, figlio di Piero” rivelò poi La Cava. Pochi giorni dopo il giudice sportivo inflisse cinque anni di squalifica e 30mila euro di ammenda al numero due del club laziale (poi ridotta a un anno e 8 mesi con ammenda dimezzata). Ma l’allora patron non porse alcuna scusa: ”Quello che è accaduto ci allontana definitivamente da questo mondo, da questo calcio. E’ stata una montatura vergognosa e squallida, e noi dobbiamo passare per quelli che non siamo? E’ stato dato credito a un fallito come La Cava, che cercava il suo momento di gloria e ha recitato il ruolo della vittima. Noi non ci stiamo e, da privati cittadini, quereliamo per calunnia questo signore e chi ha dato per buona la sua versione. Ora, basta davvero? Ma è ancora sport, questo?”.
A distanza di sei anni, la vicenda sta seguendo il suo iter penale a Viterbo. Ieri, come riporta TusciaWeb, si è svolta l’udienza davanti al giudice Jacopo Rocchi. L’ex presidente amaranto La Cava è parte civile contro il figlio terzogenito di Piero Camilli. Il processo è stato aggiornato a ottobre.
