L’Arezzo sabato ha schivato una trappola gigante con un’autentica prova di forza nel secondo tempo. Il centravanti ha ritrovato la rete, la squadra ha ritrovato i 3 punti grazie alle sue armi: qualità, mentalità, ritmo. Questo anche se i piazzati restano un’arma spuntata e se a volte si potrebbe palleggiare di più. Ma l’atmosfera, in attesa del Livorno, è quella giusta
TRAPPOLA EVITATA – La trasferta di Castello era una trappola gigante per mille motivi: tecnici, ambientali e “storici”. La squadra di Alessandria era in salute, aveva battuto bene il Livorno, veniva da 3 vittorie e un pari in 4 turni. Era piena di ex e gli ex, all’Arezzo, hanno sempre regalato dispiaceri. Inoltre c’erano 550 aretini al seguito e quando c’è l’esodo, solitamente finisce male. Invece no. In una partita piena di episodi border line, che la terna arbitrale ha gestito in modo bizzarro, la squadra ha vinto con un grande secondo tempo. La sconfitta con il Ponsacco, adesso si può dire, è servita per fortificarsi.
TRESPOLI E GRADONI – In tribuna al “Bernicchi” c’erano più trespoli che gradoni. L’occhio attento consentiva di scorgere, prima del fischio d’inizio, sorrisi a mezza bocca pronti a diventare zanne digrignate. L’osso amaranto, in caso di secondo passo falso, sarebbe stato succulento da spolpare. E invece sarà per la prossima volta.
DIALLO GOL – Diallo ha ricordato a se stesso e a noi quanto sia importante farsi trovare al posto giusto nel momento giusto: vale per tutti nella vita, per un attaccante ancora di più. Di lì in avanti la strada si è messa in discesa e abbiamo capito, molto banalmente, che una volta sbloccate le partite diventano più facili. Citando Battistini, il quale aveva professato fiducia in tempi non sospetti, diciamo che la capacità di buttarla dentro o ce l’hai o non ce l’hai. E se ce l’hai, prima o poi torna fuori. Adesso tocca a Diallo trovare continuità.
PROVA DI FORZA – E’ stata una grande prova di forza quella di sabato, che ha fugato molti dubbi (non tutti). La cronaca del secondo tempo (con il Castello senza più Brunetti) racconta fedelmente l’escalation amaranto, decisiva per indirizzare la gara: 5′, gol annullato a Diallo; 8′, gol dello 0-1 di Diallo; 10′, Diallo fallisce il raddoppio a tu per tu con Nannelli; 16′, traversa di Convitto; 22′, gol dello 0-2 di Convitto; 27′, Pattarello si guadagna il rigore, poi sbagliato, e Paparusso lascia il Castello in dieci. 22 minuti che hanno spezzato l’equilibrio.
DIFETTI DA CORREGGERE – C’è ancora qualcosa su cui lavorare. I piazzati restano un’arma sfruttata poco e male. L’Arezzo ha calciato 68 angoli in 9 giornate e ne ha ricavato solo 2 gol a Orvieto, all’esordio. E nemmeno le punizioni, dirette e indirette, hanno originato segnature. Adesso vanno di traverso pure i rigori (secondo errore di fila), ma quest’ultimo è un dato contingente che non desta troppe preoccupazioni. La squadra continua a proporre un gioco arioso, avvolgente, dinamico. I ritmi sono costantemente alti, a volte anche troppo. In certi momenti si potrebbe pure palleggiare, respirare con il possesso, invitare gli avversari a uscire dalla tana. L’Arezzo invece, per filosofia, va sempre all’assalto con il coltello tra i denti. Si sapeva dall’inizio che sarebbe stato così, forse però qualche break ogni tanto consentirebbe di conservare lucidità più a lungo. Indiani chissà che ne pensa.
LA PRIMA DI MANCINI – Era la prima volta di Piero Mancini contro l’Arezzo. Da molti rimpianto, da altri consegnato al dimenticatoio, è arrivato allo stadio solo nell’intervallo, giusto in tempo per vedere la partita svoltare dalla parte amaranto in quello che, forse, è stato un segno del destino.