Cherif Diallo, 2 gol con l'Arezzo

“Buttarla dentro è una qualità che non ti insegna nessun allenatore: o ce l’hai o non ce l’hai. Boubacar e Diallo hanno realizzato tante reti l’anno scorso, adesso stanno trovando difficoltà. Ma bisognerebbe anche sfruttare meglio le palle ferme, come facevamo noi grazie al piede fatato di Mattoni. Serve calma, il campionato è una corsa a tappe e la concorrenza lo rende ancora più fascinoso”

Mi voglia perdonare Goethe se ho parafrasato il titolo del suo romanzo più famoso. Le mie intenzioni sono buone e vorrei descrivere il momento che stanno passando Diallo e Boubacar, magari confrontandolo con quello di qualche centravanti più famoso. Per molti saranno ovvietà ma vengono da una persona che ha vissuto l’esperienza di portare sulle spalle la maglia di attaccante principale dell’Arezzo.

Cominciamo dal soprannome, bomber, che non si può dare a tutti. Innanzitutto bisogna aver segnato almeno una decina di reti per guadagnarselo. E questo Cherif e Samake lo hanno fatto ampiamente nelle squadre di provenienza. Sanno buttarla dentro ed è qualcosa che non ti insegna nessun allenatore: o ce l’hai o non ce l’hai. E se ce l’hai, prima o poi torna fuori.

Sono stati scelti per questo, per le dirompenti caratteristiche fisiche che hanno e che, probabilmente, permetterebbero loro di non sfigurare nemmeno in una categoria superiore. Paradossalmente in Lega Pro, con avversari di levatura più alta che non rinuncerebbero a fare partita in maniera esasperata come è successo nelle ultime occasioni, troverebbero più spazio per esprimere le loro qualità. Poi c’è un’altra considerazione: se sei alto un metro e 85, pesi 75 chili o più, corri i 100 metri in 11 secondi, sei fortissimo tecnicamente e con il fiuto del gol di Inzaghi, di sicuro non giochi in serie D.

Samake Boubacar, un gol in Coppa Italia

Mi viene inoltre da fare un parallelo con le difficoltà di un altro giovane, Dusan Vlahovic, nel dimostrarsi quello spietato bomber che si era rivelato alla Fiorentina. Alla Juventus deve sopportare un altro peso di maglia ma soprattutto fronteggiare una concentrazione difensiva più tosta da parte degli avversari.

Stanno sicuramente mancando i gol dei Calypso Boys, ma mancano anche i gol su calci da fermo, come ha sottolineato il mister. Se domenica, escludendo il rigore, batti 22 calci da fermo in zona offensiva (numero che testimonia la presenza dell’Arezzo nella metà campo avversaria) qualcosa di buono deve scappare fuori. Tante volte nell’Arezzo vincitore della serie D, in cui mi fregio di aver giocato, il piede fatato di Mattoni innescava deviazioni decisive mie, di Nofri, di Semplici, scardinando difese ostruzionistiche all’estremo.

Sabato l’Arezzo affronterà una sfida di alto livello contro una squadra forte, ben messa in campo, con giocatori importanti. Ma lo farà da primo in classifica, posizione che matematicamente manterrà restando imbattuto. Il campionato è lungo, è una corsa a tappe, e la concorrenza lo rende ancora più fascinoso… Non c’è leggenda nelle corse in solitaria.

Oderint dum metuant. Mi odino pure, purché mi temano.

Classe 1971, nato a Roma, ex centravanti, è dottore in psicologia. Nel 2016 ha conseguito il master Uefa Pro a Coverciano. Allenatore professionista, è attualmente docente di tecnica calcistica presso la Federazione Italiana Gioco Calcio