Paolo Indiani, 2 sconfitte in 13 giornate per il suo Arezzo

A cinque giorni dallo scontro diretto con la Pianese, Indiani deve attingere dall’esperienza e dall’intuito per ridare vivacità alla squadra. I numeri dicono che l’Arezzo nell’ultimo periodo ha avuto una flessione e che adesso serve qualcosa di diverso. Il 433 è diventato prevedibile, la rotazione degli uomini non produce più benefici ma scompensi, vanno trovate strade più efficaci per arrivare al gol. A Castello, dopo il primo ko stagionale, ci fu una prova di forza. Ora occorre il bis

NUMERI – Che non sia più l’Arezzo di inizio campionato lo dicono i numeri. E i numeri non mentono mai, anche se vanno interpretati. La prima sconfitta in trasferta è arrivata alla 13esima giornata, quando Indiani si è ritrovato con 5 assenti, tutti potenziali titolari se non titolari effettivi. La squadra ha perso senza colpo ferire, consegnandosi all’avversario con un’arrendevolezza che non aveva mai manifestato. Il gol dopo 50 secondi ha spento l’interruttore, il che da un lato spiega (parzialmente) la non partita globale di tutti, allenatore compreso, e dall’altro suona come una condanna per chi vuole, deve e può salire di categoria.

SPERPERO – L’Arezzo ha sperperato punti. Dopo 6 turni, tutti chiusi con vittorie, gli amaranto erano a +2 sulla Pianese, +5 sul Livorno, +11 sul Poggibonsi. Oggi sono a -5 dalla Pianese, +6 sul Livorno che è scivolato al quarto posto, +1 sul Poggibonsi. La squadra ha dilapidato un patrimonio prezioso e questo è dipeso da tanti fattori, compresi alcuni contrattempi episodici che durante una stagione possono capitare. Le ultime tre gare interne, per esempio, sono state giocate in inferiorità numerica per 42, 65 e 36 minuti contro Ponsacco, Livorno e Grosseto. Un dato statisticamente inusuale. La prima è stata persa, la seconda pareggiata in rimonta, la terza vinta.

SINTETICO – Il sintetico è un altro fattore. Non un alibi, un fattore. A Ghivizzano finì 0-0 (primo stop dopo l’inizio da record), a Montespaccato 1-1 con il gol di Castiglia al 93′, ad Aranova è andata com’è andata. Questa superficie sta minando le prestazioni, ammesso che non si tratti di coincidenze. Ma se tre indizi fanno una prova, c’è da tenere le antenne dritte visto che a Piancastagnaio si giocherà di nuovo sull’erba artificiale.

FLESSIONE – La squadra, nonostante la flessione di risultati, si è tenuta su grazie al ritmo, alla brillantezza fisica, alla qualità dei singoli, a una coralità apprezzabile, alla combattività che le hanno consentito, anche quando si è ritrovata con l’uomo in meno, di giocare alla pari degli avversari.

Tutto ciò ha permesso di sopperire alla difficoltà generalizzata nell’andare in gol, grazie pure a una solidità invidiabile (miglior difesa del girone ancora oggi). I numeri li abbiamo già analizzati, da sottolineare però c’è il fatto che nell’ultimo mese l’Arezzo non ha mai tenuto la porta inviolata, cosa che era riuscita per ben 7 volte nelle prime 9 giornate.

EQUILIBRI – E’ la spia di un trend che va invertito alla svelta, il campanello d’allarme di equilibri che si stanno facendo più logori. Più in generale, la sensazione delle ultime settimane è che la squadra non vada a pieni giri. E il riferimento non è all’aspetto atletico quanto a quello tecnico e tattico. L’Arezzo produce tanto e ottiene poco, è la classica montagna che partorisce il topolino.

Gli esterni del tridente, rigorosamente a piede invertito per facilitarne il tiro, la porta non la beccano quasi mai. Le prime punte utilizzate finora (Gucci escluso) hanno caratteristiche che non li agevolano negli spazi stretti. E all’Arezzo la profondità non la concede nessuno. Dai centrocampisti, con l’eccezione di Castiglia, è arrivato un apporto minimo in fatto di segnature. Per non parlare dei difensori e delle palle ferme, sfruttate male.

la squadra davanti al settore dopo la partita di Aranova

MODULO – Indiani finora è stato rigoroso, forse troppo, nell’utilizzo del modulo, ed elastico, forse troppo, nell’utilizzo degli interpreti. L’Arezzo ha giocato sempre con il 433, con sporadici aggiustamenti in corso d’opera, e non ha giocato mai con gli stessi undici titolari per due settimane di fila, se non alla prima e seconda giornata. La rotazione degli uomini è una risorsa ed è vero che non si vince in undici ma in sedici, però ci sono momenti e momenti. Adesso il campo dice che c’è bisogno di maggiore stabilità.

RIFERIMENTI – Gli attaccanti esterni, per esempio, più che giovarsi dell’alternanza danno l’idea di esserci rimasti sotto. Non trovano continuità, hanno smarrito la capacità di incidere, sono bravi ma poco concreti, tecnici ma sterili. Idem dicasi per il reparto difensivo, dove l’infortunio di Risaliti ha tolto a Indiani una leadership affidabile e dove il turn over è settimanale sia per i centrali che per i terzini. Alla lunga il rischio è di perdere riferimenti e certezze.

GESTIONE – In questa settimana strana, con la squadra in ritiro e lo scontro diretto all’orizzonte, Indiani dovrà pescare dal suo bagaglio di esperienza, dal vissuto professionale, dall’intuito che ha affinato negli anni, e capire se la squadra ha bisogno di ridisegnarsi tatticamente in un’altra maniera. Se inconsciamente si è adagiata e deve essere rimessa sul pezzo con la testa. Se serve uno scrollone o solo un’aggiustata. Se c’è necessità di continuare a pressare freneticamente per riconquistare palla o se, talvolta, conviene aspettare e ripartire. A Castello, dopo il primo scivolone, l’Arezzo reagì con una prova di forza. Adesso serve il bis. E serve una scintilla per rimettere tutto in moto.