Dopo la sconfitta di Aranova si respirava un pessimismo profondo che andava al di là della evidente flessione di risultati. Oggi, archiviata l’impresa di Piancastagnaio, la situazione è completamente rovesciata. L’Arezzo non era una squadra di raccattati prima, non ha già vinto il campionato adesso. Decisiva sarà la gestione dei momenti fino al termine della stagione e l’area tecnica, con Giovannini in testa, è attrezzata per farlo
Parola d’ordine, equilibrio. L’Arezzo non era morto dopo la prestazione moscia di Aranova e non ha vinto il campionato dopo l’impresa di Piancastagnaio. Gestire gli stati d’animo, le situazioni ambientali e tecniche, il corso degli eventi è ciò che fa la differenza tra vincere e andarci vicino, al netto dell’imprevedibilità che nel calcio lascia sempre un margine (anche ampio) d’incertezza.
Al termine della partita con l’Ostiamare, il sentire comune era quello di una diffusa sfiducia, profonda ben al di là dei numeri che indicavano in modo evidente una flessione. “L’Arezzo è scoppiato?” è la domanda circolata più spesso la scorsa settimana, unitamente alle dietrologie sulla società che non vuole salire di categoria, sulla squadra che forse se l’era venduta e via discorrendo. Tutto il mondo è paese, specie quando si parla di pallone, e qua non si fa eccezione: quando vinci l’acqua va all’insù, quando perdi si vede nero. Ma l’aria che si respirava, in parte giustificata dalle recenti delusioni e da un andazzo che pareva ricalcare quello di tante, troppe annate ingloriose, era pesante oltremodo. Sembrava che l’Arezzo fosse una squadra di raccattati e che a Piancastagnaio si sarebbe celebrato il funerale, senza se e senza ma.
Nel giro di pochi giorni, la situazione è rovesciata. Il fatto che, una volta nella vita, l’esodo della tifoseria abbia coinciso con una vittoria bella e meritata, ha ridestato un entusiasmo debordante. La sfiducia è diventata ottimismo, i difetti della squadra sono scalati in secondo o terzo piano, il domani è all’insegna del “siamo più forti e vinceremo”. Anche in questo caso, il sentimento popolare ha una giustificazione nel desiderio ardente di mettersi alle spalle le recenti delusioni, di riassaporare il gusto di una promozione e di tornare nel calcio prof (anche per festeggiare in modo degno il centenario). Ma l’Arezzo è ancora a -2 dalla vetta della classifica, ha una partita rognosa davanti contro il Tau e deve ritrovare continuità.
Va sottolineato che quest’anno, al di là di quel che succede fuori e che riguarda le fisiologiche umoralità dell’ambiente, nei quadri societari ci sono persone in grado di arginare gli eccessi, in un senso e nell’altro. L’onda della positività va cavalcata senza subirla, così come le criticità vanno assorbite senza rimanerne schiacciati. Più facile a dirsi che a farsi ed è per questo che la presenza di un dg come Paolo Giovannini si sta rivelando determinante, oltre ovviamente all’esperienza dell’allenatore e alla qualità di una rosa menomata dalle assenze ma di alto livello. Gestire l’altalena di una stagione non è semplice ma alla fine vale una decina di gol.