Classe 2001, torinese, cresciuto nel vivaio della Juventus e poi del Toro, il portiere dell’Arezzo è un figlio d’arte. Suo padre Christian ha giocato a buoni livelli e alla Massese ha avuto come allenatore Menchino Neri. “Dopo l’errore con il Livorno mi ha chiamato per rincuorarmi, un gesto di cui lo ringrazierò sempre” ha detto il numero 1 amaranto, raccontando i suoi primi passi nel mondo del calcio, il rapporto con Indiani e il preparatore Magi, la fiducia per il finale di stagione e le aspettative per il futuro

Luca Trombini è il portiere meno battuto del campionato. Sono 22 le sue presenze in campionato e appena 13 i gol al passivo (6 li ha incassati Viti), con due lunghi periodi di imbattibilità che gli hanno consentito di tenere la porta inviolata per 525 minuti a inizio stagione e per 439 minuti nell’ultimo periodo.

Non altissimo ma molto reattivo, classe 2001, torinese cresciuto nel vivaio della Juventus e poi in quello del Toro, è sensibilmente migliorato da inizio stagione, specialmente nel giocare palla con i piedi. Una volta uscito dalle giovanili, ha sempre militato in formazioni d’alto livello in serie D: prima a Gavorrano, poi a Varese (dove ha vinto i playoff) e ora ad Arezzo, dove sta inseguendo la prima promozione della carriera.

Figlio d’arte, suo padre Christian è stato un estremo difensore di buon livello che in Toscana ha vestito le maglie di Massese, Pistoiese e Montevarchi. A Massa, all’inizio degli anni ’90, fu allenato da Domenico Neri, con il quale aveva e ha un rapporto di grande stima.

“Io non avevo mai parlato con Menchino – ha rivelato Luca Trombini nell’intervista ad Amaranto Social Clubanche se conoscevo diverse cose di lui, compreso il gol che segnò in rovesciata al Campobasso. Quando io sono stato espulso contro il Livorno, a causa di quell’errore che ci è costato il rigore contro e l’inferiorità numerica, Neri mi ha telefonato e mi ha chiesto un incontro per confortarmi e invitarmi a non mollare. E’ stato un gesto bello di cui lo ringrazierò sempre”.

Nella chiacchierata all’interno del Museo Amaranto, il portiere ha raccontato i suoi primi passi nel mondo del calcio, l’arrivo ad Arezzo la scorsa estate dopo le incertezze sul suo futuro, il rapporto con Indiani e il preparatore Magi, la fiducia per il finale di stagione e le aspettative per il futuro che ruotano intorno alla speranza di esordire tra i professionisti.