i tifosi amaranto a Ponsacco

Un anno fa la battaglia nel pollaio di Ponsacco. Le raffiche in faccia, la pioggia battente, la temperatura vicina alla zero. E poi il parcheggio trasformato in un pantano, una pozza gigantesca da guadare per arrivare al settore, il kway che si arrende. E poi ancora il campo che diventa un acquitrino, i lanci lunghi dei giocatori, lo 0-0 che non si schioda. Fino a quando il ragazzino, appena entrato, la infila in rete e ci convince che “vinceremo questo maledetto campionato”. Una trasferta epica che serve per non scordare da dove veniamo

Venerdì 23 febbraio 2024: si gioca in uno stadio all’inglese, quasi senza barriere, tutto coperto e con seggiolini in ogni ordine di posto. Uno stadio di calcio uno se lo immagina proprio così e anche il terreno di gioco è di quel verde lì, quello che usavi per colorare i tuoi sogni da bambino già con la testa nel pallone. Sogni inquinati col tempo da fallimenti, avventurieri e banditi, divieti e tessere, ma che oggi sono tornati più vividi che mai. Alla fine lo 0-0 sul campo è quasi un contorno di qualcosa di più grande: siamo tornati su campi veri, con tifoserie avversarie degne di questo nome, in impianti che trasudano storia. Un anno fa la storia era un po’ diversa, ricordate?

il gol di Cantisani nel pollaio

Domenica 26 febbraio 2023: partenza in pullman, nubi scure all’orizzonte. Il meteo già predice sciagura. Direzione Ponsacco, 25ª giornata del girone E di serie D. Lo “stadio” dei padroni di casa ha un nomignolo sinistro: “pollaio”. Appena arrivati capiamo il perché. Tutti i discorsi della vigilia sono immediatamente spazzati via dal vento sferzante che imperversa su quella landa desolata: da un paio di settimane siamo di nuovo in testa ma la Pianese non molla e allora i margini di errore sono nulli: bisogna continuare a vincere, vendicare la sconfitta assurda dell’andata, far valere il maggior tasso tecnico eccetera eccetera. Tutto azzerato appena scesi dal pullman, che ci ha lasciati in un parcheggio trasformato in pantano. Per arrivare al campo attraversiamo il porticato di una palazzina, poi c’è letteralmente da guadare una pozza all’entrata degna di essere inserita nelle cartine geografiche. Ci sistemiamo nel settore ospiti, esattamente controvento. Le raffiche ci scagliano pioggia gelata addosso che quasi si fa fatica a tenere gli occhi aperti. La mia giacca-kway ben presto si arrende (chi ha portato la mantella è stato più previdente di me, lo ammetto). Per scaldarci cantiamo senza sosta, saltellando sul posto per ritardare l’ibernazione. Non rinunciamo neppure ai battimani, anche se è una tortura togliere le mani dalle tasche. Anche per i giocatori ovviamente è durissima: il terreno di gioco diventa ben presto un acquitrino, a tutto svantaggio del gioco e della tecnica. Lanci lunghi, sportellate, guerra fisica in mezzo al campo. All’intervallo è 0-0 e la sensazione è che, ogni minuto che passa, sia sempre più difficile sbloccare il risultato. Beh, tutto sommato un pari in queste condizioni non è manco da buttare, penso, mentre mi riparo sotto la tribunetta in attesa che inizi la ripresa. Molti si rifugiano nel casottino dei bagni, altri tornano alle macchine e qualcuno ci rimarrà fino alla fine per istinto di sopravvivenza. Quando le squadre rientrano in campo, mi faccio forza e torno su. Come si suol dire, “tanto che sono a mollo…”

battaglia in campo

Servirebbe, che so, un pizzico di fortuna ma niente, Settembrini colpisce il palo. Ormai sembra scapoli-ammogliati di Fantozzi (“provi a rana”) ma all’improvviso uno squarcio di luce: Castiglia-Lazzarini-Cantisani tutto al volo e palla in rete. Gol del ragazzino arrivato dal Crotone e subentrato da poco con una staffilata di prima intenzione, unica opzione possibile, dopo un rimbalzo. Quasi non ci credo, ci metto un attimo a realizzare, ma ad un tratto non ho più freddo: il sangue finalmente mi si scioglie nelle vene e m’incendio in un’esultanza smodata, sguazzando nei miei vestiti fradici. Il risultato non cambierà più e a fine partita son certo: vinceremo questo maledetto campionato. Tre punti così, che più sporchi non si può, in mezzo al fango, al freddo e al gelo, sono un segno inequivocabile. Rientro a casa praticamente assiderato, ma questi ragazzi mi hanno scaldato il cuore e l’anima. Quattordici giorni dopo avremmo vinto 0-4 a Livorno, altra tappa decisiva in tutt’altro contesto climatico e ambientale. Ma questa è un’altra storia che magari racconteremo più avanti. Dal sacco di Ponsacco è passato esattamente un anno: lo ricordiamo per tenere sempre bene a mente da dove veniamo e quante cose sono cambiate in appena 365 giorni. Dal “pollaio” al «Paolo Mazza» c’è di mezzo una D vinta, un centenario festeggiato in un contesto più consono e addirittura il progetto per uno stadio nuovo, proprio simile a quello dove siamo appena stati. D’altronde non poteva piovere per sempre.