La sicurezza è un argomento serio e come tale andrebbe trattato, anche a tutela di chi l’ordine pubblico deve gestirlo veramente, tutti i giorni, in situazioni molto più complesse e spinose rispetto a una partita di calcio. Fatto sta che oggi neanche sembra di andare a giocare un derby, senza adrenalina, senza colore, senza palpitazioni. Perché?

La sicurezza è un argomento serio e come tale andrebbe trattato, anche a tutela di chi l’ordine pubblico deve gestirlo veramente, tutti i giorni, in situazioni molto più complesse e spinose rispetto a una partita di calcio. Vietare una trasferta a cento, cinquecento, mille o più tifosi dovrebbe essere l’extrema ratio in presenza di criticità oggettive, riconosciute, reali. Se questi presupposti vengono a mancare, nell’aria comincia a sentirsi puzza di arbitrarietà, che poi è il passettino più avanti rispetto alla “ampia discrezionalità” di cui ha scritto il Tar dell’Umbria nel motivare il respingimento del ricorso inoltrato da Orgoglio Amaranto.

Così capita che, come in molti hanno rilevato, per due partite considerate entrambe a rischio dall’Osservatorio si siano delineati destini opposti: per il derby Pescara-Ancona i tifosi dorici hanno potuto acquistare biglietti senza vincoli, mentre per il derby Perugia-Arezzo i tifosi amaranto potevano acquistare biglietti soltanto se sottoscrittori di una tessera che non serve a nulla, che costa 20 euro di cui 9 solo di spedizione, ormai superata dall’introduzione dei biglietti nominali. L’ulteriore paletto riguardante la data di sottoscrizione della stessa tessera, cioè antecedentemente al 16 aprile, testimonia molto chiaramente, in modo quasi sfacciato, che l’intento non era quello di salvaguardare la sicurezza (chi si ricorda gli ultimi episodi di cronaca legati a una partita con il Perugia?) bensì quello di lasciare a casa più persone possibile.

E’ giusto? E’ corretto? Non sarebbe l’ora che questo iter perverso venga ridefinito e rimodulato? Ormai siamo arrivati a un punto in cui viene considerato normale poter acquistare biglietti per una gara in trasferta soltanto per il settore ospiti, in barba a qualsiasi logica. Per non parlare della clamorosa vessazione cui vennero sottoposti i tifosi del Perugia all’andata, ai quali fu imposto di muoversi esclusivamente a bordo di pullman appositamente allestiti. Un sopruso bello e buono, che viola diritti costituzionalmente garantiti ma che secondo il Tar evidentemente rientra nella “ampia discrezionalità” di cui sopra.

Fu una follia anche vietare la trasferta di Pesaro ai tifosi dell’Arezzo con motivazioni fumose per non dire inesistenti, tant’è che in quella circostanza il Tar non poté esimersi dallo smontarle clamorosamente, sottolineando le lacunosità evidenti del provvedimento e il mero effetto punitivo del decreto prefettizio. Fu una follia chiudere una curva intera contro l’Entella per punire il lanciatore di un bombone che aveva stordito un fotografo un paio di mesi prima ad Ancona. Un responsabile, trecento presenti quella sera, mille abbonati vittime di una decisione la cui equità sfugge a qualsiasi mente normale. Tanto più che le società sono obbligate ad avere impianti di videosorveglianza che riescono a zoomare sul viso di chicchessia a centinaia di metri di distanza.

Il discorso sarebbe lungo e molto più ampio, la conclusione è semplice. Oggi l’Arezzo deve giocare a Perugia senza tifosi al seguito, inibiti senza motivo come accadde ai perugini a dicembre. Si tratta di calcio, i problemi del mondo sono ben altri ma anche questo ha la sua rilevanza. E’ giunta l’ora che anche i club, a bocce ferme, facciano fronte comune per cambiare un modus operandi sempre più distante dalla realtà. Altrimenti si arriverà al paradosso che la Lega Pro, autodefinitasi il campionato dei campanili, proporrà sempre più sfide di campanile con gli spalti semivuoti. Come oggi, che neanche sembra di andare a giocare un derby, senza adrenalina, senza colore, senza palpitazioni. Cui prodest?