Ogunseye match winner a Perugia in Coppa Italia

Il derby di campionato e il derby di Coppa Italia: partite diverse, risultati diversi, il mese di dicembre decisivo per il futuro

TESTA E GAMBE – Verrebbe da pensare che il pugno duro della società e la contestazione della tifoseria abbiano centrato l’obiettivo: l’Arezzo esangue e indolente di venerdì si è trasformato in una squadra aggressiva e feroce che si è presa con la forza la qualificazione ai quarti di Coppa Italia. Viceversa, il Perugia frizzante e garibaldino della gara di campionato è apparso tremebondo e tenero tenero ieri sera. Due metamorfosi che hanno confermato una cosa soprattutto: a calcio si gioca anche con i piedi, come amava ripetere Miro Scatizzi, ma è la testa che fa la differenza.

RITIRO O NO? – Tornando all’incipit, va sottolineato un dato di fatto: questo gruppo di giocatori, giustamente considerato un gruppo sano, è nato tre anni fa e qualche passaggio a vuoto l’ha sempre avuto. Con l’Ostiamare, con il Tau subito dopo aver vinto lo scontro diretto di Piancastagnaio, a Terranuova, ad Ancona, a Olbia contro l’ultima in classifica. Lo 0-2 del Curi ha solo allungato una lista già corposa, caratterizzata da rovesci improvvisi, cali di tensione, imprevedibile abulia. Eppure questo gruppo, proprio perché sano, ha sempre saputo risollevarsi, fino a centrare l’obiettivo stagionale sia due anni fa che nella passata stagione. E lo ha fatto senza nemmeno un giorno di ritiro punitivo. Tutto sta a toccare le corde giuste.

DISCODANCE – E’ ovvio che quest’anno il contesto è differente. Non è più serie D e non è più l’annata in cui quel che viene di buono è tutto guadagnato. Si è alzato il livello degli obiettivi, dunque va tirato su anche quello dei risultati e della concentrazione, dell’attitudine a stare sul pezzo, a voler vincere ma soprattutto rivincere. E’ ciò che è mancato finora, tant’è che la squadra non è mai scesa da una scomoda altalena di prestazioni, con tutte le conseguenze del caso. Sotto questo aspetto, sono proprio i giocatori che devono cambiare passo e trovare l’interruttore fatidico nella testa. Le notti brave e i locali da ballo però sono un falso problema: giusto non esagerare e non tirare troppo la corda, sbagliato ritenere che le sconfitte nascano da un drink o da un party con la musica a palla. A meno che non si supponga che a Pescara i calciatori vivano in convento e vadano tutti a letto dopo Carosello.

METAMORFOSI – Coccia, Santoro, Renzi, Guccione nel derby di Coppa sembravano i fratelli vispi dei giocatori sgangherati di cinque giorni prima. Se dentro la gara ci sono combattività, dinamismo, idee chiare, poi la qualità viene a galla. Tutti comunque sono saliti di una spanna, anche Ogunseye e Tavernelli, anche Montini e Chiosa. Damiani invece ha confermato le cose buone esibite dal suo rientro: magari pagherà dazio tra un po’, com’è normale dopo una lunga assenza, ma per adesso tanto di cappello. Un’aggiunta su Guccione: schierato venti metri più avanti, incide di più. Poi gli viene naturale arretrare, cercarsi la posizione migliore per ricevere palla ma resta un finalizzatore, un rifinitore, uno da ultimo passaggio. Per l’Arezzo è troppo importante averlo lì.

ESCLUSIONI E MERCATO – Al di là delle rotazioni, di Masetti in panchina a sette mesi dall’infortunio, di Fiore che ha rivisto il campo dopo non si sa quanto, di un minimo turn over in chiave campionato, Troise ha anche fatto scelte non banali. Le esclusioni di Borra e Del Fabro da una gara di Coppa il cui peso specifico era lievitato dopo la debacle di venerdì, per esempio, sono significative. Idem dicasi per Settembrini: zero minuti in campionato, zero minuti ieri sera (come Galli, Bigi e Barboni). A gennaio è inverosimile pensare che l’Arezzo possa cambiare 20 giocatori, come aveva minacciato il presidente Manzo l’altro giorno, ma qualcosa potrebbe bollire in pentola. Anche se pensare a questa squadra senza il suo capitano, per il percorso che è stato fatto, sembra proprio fantacalcio.

IL FUTURO – Per capire se l’Arezzo ha superato quelle che Troise, con il suo solito, grande equilibrio, ha definito fragilità, se i deficit di mentalità sono stati cancellati, se la consapevolezza di salire un gradino nella scala del rendimento è stata acquisita, bisognerà aspettare un po’: non solo lunedì con l’Entella ma anche il lunedì successivo a Lucca, la gara interna con la Pianese e la trasferta di Campobasso. Natale ci dirà cosa ha rappresentato lo 0-2 del Curi: se la svolta della stagione o la spia accesa di un malessere troppo profondo.