Dopo 17 giornate l’Arezzo non ha dilatato i suoi pregi né smussato i difetti. I risultati stanno venendo a mancare e va trovata la chiave per superare l’empasse. Nulla è perduto ma da un mese e mezzo si è sperato sempre nella partita successiva per rimettere insieme i cocci. E non è andata granché
DOUBLE FACE – Dopo 17 giornate di campionato la sensazione netta, corroborata dai numeri, è che l’Arezzo continui a galleggiare sui suoi pregi e sui suoi difetti, senza dilatare i primi né smussare i secondi. Resta una squadra volubile, incostante, che fa e disfa la tela con identico zelo. La partita di ieri sera ne è l’ennesimo, eclatante esempio: 60 minuti che pompano l’ottimismo, feroci e risoluti, con l’Entella spinta verso l’errore esiziale che propizia l’1-0, e poi 30 minuti che alimentano i cattivi pensieri, timidi nonostante la superiorità numerica, esangui al punto di subire il pareggio e di creare di lì in avanti solo un’occasione da rete in mezz’ora. Una versione terribilmente moderna e aggiornata di dottor Jekyll e mister Hyde.
SERIE NEGATIVA – Purtroppo l’Arezzo non trascina, non scalda, continua a viaggiare in quarta marcia, sembra crogiolarsi sulle sue qualità (e ve ne sono), sta dilapidando un patrimonio di punti folle nonostante qualche vittoria l’abbia portata a casa per il rotto della cuffia. Adesso le giornate senza successi sono sei, con 4 punti messi in cassa: pochi. Più che trovare un colpevole, servirebbe individuare la radice del malessere. E non è un compito facile.
NUMERI – I dati statistici inchiodano calciatori e staff alle proprie responsabilità. Tra le squadre attualmente in zona playoff, l’Arezzo è quella che ha la differenza reti peggiore: sono 18 i gol segnati (peggio c’è solo il Campobasso a 17 ma con una partita in meno) e 18 quelli subìti (come la Torres, peggio solo di due outsider come Pineto e Pianese). Gli amaranto non vincono da sei giornate e precisamente dal 26 ottobre (2-1 alla Spal), nelle ultime tre gare hanno messo dentro un gol e nelle ultime sette hanno mantenuto la porta inviolata soltanto una volta. Aggiungiamo i dati dei singoli che non alleggeriscono il quadro: Ogunseye non la butta in rete da otto giornate, Guccione ha rotto il digiuno ieri sera dopo oltre due mesi, Gucci ha segnato un gol appena, Pattarello tre ma tutti su rigore e la squadra soltanto in quattro gare su 17 è stata capace di bucare gli avversari con due gol nei novanta minuti. La coperta a oggi è corta sia di qua che di là.
LA TESTA GIUSTA – Il ritiro imposto dal presidente dopo la debacle di Perugia sembra aver già esaurito i suoi effetti benefici. L’Arezzo ha reagito con vigore in Coppa Italia, profittando di un avversario oggettivamente più debole e quasi alimentando più rimpianti per la sconfitta incolore di cinque giorni prima al Curi che soddisfazione per la qualificazione ai quarti di finale. Poi ha aggredito la partita con l’Entella, portandola con merito dalla parte giusta, salvo ricadere in vecchi errori e torpori, uscendo all’improvviso dalla contesa, dando la brutta impressione che gli avversari avessero più rabbia in corpo e sangue nelle vene. La testa conta tanto, l’Arezzo l’accende e la spegne come le lucine di Natale.
SNODO CRUCIALE – La stagione non è finita, c’è modo e tempo per risalire e c’è la Coppa Italia che potrebbe aprire una scorciatoia interessante in chiave playoff. Però va trovata la chiave per superare l’empasse, sotto ogni aspetto. Innanzitutto quello caratteriale, come accennato. E poi, in parallelo, quello tecnico e tattico perché ci sono punti interrogativi in ogni reparto. Arrivati a questo punto, servirebbe una presa di posizione anche dal direttore sportivo. E’ lo spogliatoio che si sta sfaldando e non riesce ad alzare l’asticella del rendimento? E’ Troise che non riesce a trovare le corde giuste da toccare? C’è una terza opzione che sfugge all’esterno? Cutolo è quello che meglio conosce il gruppo e quello che ha scelto l’allenatore, sta a lui adesso mettere dei punti fermi e rassicurare la piazza. Nulla è perduto ma da un mese e mezzo si è sperato sempre nella partita successiva per rimettere insieme i cocci. E non è andata granché.