Lo 0-0 con la Vis Pesaro, la sterilità offensiva dell’Arezzo, moduli e interpreti che cambiano, la semplicità che servirebbe
L’UOMO IN PIU’ – Che la squadra contro la Vis Pesaro ci abbia messo impegno, tenacia, agonismo è fuori di dubbio. Come è evidente che di fronte c’era un avversario coriaceo, in salute, che non a caso ha lo stesso identico score stagionale dell’Arezzo (10 vittorie, 6 pareggi, 5 sconfitte). Ma sono mancate lucidità e qualità, caratteristiche che spostano gli equilibri in certi frangenti. 50 minuti in superiorità numerica senza creare una palla gol limpida sono una condanna pesante più del risultato finale.
I GOL IN MENO – L’Arezzo nell’ultimo periodo ha giocato oltre metà gara con l’uomo in più anche con l’Entella e si è fatto rimontare sull’1-1. Anche a Lucca e ha vinto 1-0 su rigore, arrivando in fondo con il patema d’animo. Anche ieri e non è riuscito a sbloccarla. I numeri dicono che i gol all’attivo (24 in 21 giornate) sono pochi: Ogunseye ne ha fatti 4 e non segna dal 13 ottobre, Gucci ha segnato un gol solo, Pattarello senza il poker alla Pianese sarebbe a 4 (tutti rigori), Guccione è a quota 3 (con un rigore e una palla regalata dall’Entella), Tavernelli idem (con un mezzo autogol a Sestri), Gaddini è fermo a 2 (con un’autorete del portiere della Spal), i centrocampisti non tirano mai. Così alzare il livello delle ambizioni è dura.
PERIODACCIO – Il guaio per l’Arezzo è che questa sterilità non dipende dal modulo. La squadra ha giocato con un riferimento di stazza davanti, con il falso nove, con il 433, il 4231 e il 3412 ma la musica è rimasta più o meno la stessa: qualche prestazione migliore, qualcuna peggiore, sempre con le stesse difficoltà a concretizzare. Esclusa la gara con la Pianese (classica eccezione che conferma la regola), gli amaranto nelle ultime 6 partite hanno realizzato 3 gol, due dei quali dal dischetto. E sono rimasti a secco contro Perugia, Pescara e Vis Pesaro. Carta canta.
PARADOSSI – Tutto ciò dentro una stagione bizzarra: la classifica è buona (36 punti), arrivare tra le prime 5 è un obiettivo realistico eppure le prestazioni convincenti si contano sulle dita di una mano. E non c’è un giocatore (a parte il portiere Trombini) che stia vivendo una grande annata. Nessuno. Forse il mercato porterà qualche beneficio ma la sensazione che quest’altalena di rendimento sia congenita sta diventando sempre più forte.
MISTER TROISE – Il sesto posto, dove più o meno ha galleggiato l’Arezzo da inizio campionato, non ha mai sopito completamente i mugugni della tifoseria nei confronti di Troise. Un po’ è fisiologico e capita a tutti, tant’è che Indiani un anno fa è arrivato ottavo con una sfilza di debuttanti e i contestatori ce l’aveva pure lui. Per non parlare di Dal Canto, quarto e semifinalista dei playoff che giocò tutto l’anno con un centravanti solo proveniente dalla D. Qualche detrattore ce l’aveva financo Pavanel, il generale, dunque non c’è da stupirsi. Un po’ però dipende da prestazioni che non trascinano, non appassionano, non coinvolgono fino in fondo. La squadra dà sempre la sensazione di poter fare di più, di fermarsi prima dell’ultimo gradino, di non sfruttare appieno le potenzialità che ha. Va così da settembre.
IL CALCIO SEMPLICE – Nessun allenatore si dà la zappa sui piedi intenzionalmente, nemmeno Troise. Ciò premesso, l’Arezzo pratica un calcio che rischia di diventare cerebrale all’eccesso: Chiosa che si alza davanti ai centrali per impostare, Guccione che fa l’attaccante esterno, il rifinitore, la mezz’ala, Pattarello e Tavernelli finti centravanti, Mawuli prima punta, la difesa a quattro e la difesa a tre. Nello sviluppo della manovra, i giocatori sembrano più concentrati nel rispettare le consegne tattiche che nel liberare le proprie doti, dentro un tourbillon estremo. Più leggerezza non farebbe male. Forse.