Il presidente della Lega di A voleva far disputare tutte le gare della prima giornata all’estero. In barba alle aspettative dei tifosi. In C non va troppo diversamente: l’anno scorso l’Arezzo ha giocato nel primo pomeriggio di domenica solo 3 volte su 19. E quest’anno le prime gare interne saranno due di venerdì e due di sabato. Tutto ciò con un ritorno economico limitato per i club dai diritti televisivi e un pubblico, quello amaranto, da sempre più da trasferta che da casa

Come volevasi dimostrare, la pubblicazione di date e orari delle prime sette giornate di campionato ha riportato a galla uno dei problemi di attualità in Lega Pro: si gioca tutti i giorni, spesso a orari improbabili, e pianificare una presenza regolare allo stadio è letteralmente impossibile. Strettamente collegato a questo c’è un altro argomento molto sentito e cioè la campagna abbonamenti. A differenza del passato, quando la partita si disputava di domenica subito dopo pranzo, nel calcio di oggi può cominciare anche il venerdì, il sabato, il lunedì e, con i turni infrasettimanali, anche il martedì, mercoledì o giovedì. Chi lavora, chi studia, ma anche solamente chi ha una vita normale, al 99% deve mettersi l’anima in pace e saltare qualche appuntamento.

FUGA DI CERVELLI – Del resto l’input viene dall’alto. Il presidente della Lega di serie A, Ezio Simonelli, proprio ieri ha detto: “I diritti tv domestici sono stati venduti fino al 2029. Ora ci dobbiamo concentrare sulla cessione dei diritti all’estero, settore dove dobbiamo migliorare. Ecco perché mi sarebbe piaciuto disputare tutta la prima giornata lontano dall’Italia. Dagli Usa avevo ricevuto una proposta economica. Sarebbe bello poterlo fare in futuro, quando magari ci saranno regole più permissive”. Il pensiero che ciò significherebbe mettere in croce gli spettatori da stadio, a Simonelli e a tutti quelli del Palazzo non ha sfiorato nemmeno l’anticamera del cervello.

E in serie A, conti alla mano, gli introiti dei diritti televisivi rappresentano una delle voci più cospicue, se non la più cospicua, dei bilanci. In serie C no: la ribalta offerta da Sky è comoda, un po’ di visibilità al campionato in effetti la porta, ma il ritorno economico per i club è irrisorio. Le previsioni per la prossima stagione parlano di circa 80mila euro a società: non si sputa sopra a niente, per carità, ma un’entrata del genere per l’Arezzo, così facciamo un esempio pratico, è una goccia nel mare o quasi. In pratica si penalizzano le presenze allo stadio in favore dei contatti sulla pay per view, in cambio di due spiccioli.

Bucchi intervistato nel post gara di Rimini

CALENDARIO – Le prime quattro gare interne di questa stagione, l’Arezzo le giocherà di venerdì (alle 21.15 con il Forlì, alle 20.30 con il Guidonia) e di sabato (alle 17.30 con la Vis Pesaro e con il Carpi). Per molti è già a rischio il 50% degli ingressi. Nella scorsa stagione gli amaranto in casa hanno giocato 8 volte di domenica ma solo 3 nel primo pomeriggio (alle 14 con la Ternana, alle 15 con Pescara e Torres), una volta in notturna e 4 alle 17.30 in autunno/inverno. Lo spezzatino ha poi riservato al pubblico 3 gare il lunedì, 2 il martedì, una il mercoledì, una il venerdì e 4 il sabato. Senza dimenticare due episodi emblematici: la chiusura per punizione dell’intera curva sud (mille persone) per un petardo scoppiato ad Ancona nel 2024 e il rinvio all’ultimo minuto della partita con la Lucchese, nella stagione passata, per la morte di Papa Bergoglio, con il recupero fissato di mercoledì alle 18.

ABBONAMENTI – C’è poi un altro dato da tenere a mente. La storia dell’Arezzo dice che la fidelizzazione del pubblico non è mai stata scontata. Basti pensare che, limitandosi agli anni più recenti, il record di abbonati risale alla stagione 2023/24 con 2.057 tessere. Il precedente era legato alla stagione 2006/07, quella dell’ultima serie B, con 1.896 tessere sottoscritte. L’anno prima, sempre in B, erano state 1.531. Ma correvano altri tempi e la squadra militava in un’altra categoria. Dopo la retrocessione, i tifosi che fecero l’abbonamento in serie C furono 1.036 nel 2007/08, 906 nel 2008/09 e 1.197 nel 2009/10. Poi il club fallì e dovette ricominciare dai dilettanti, con conseguente disaffezione generale.

Successivamente le cose sono migliorate, ma il tetto dei duemila abbonati non è stato mai sfondato. Siamo passati dalle 1.100 tessere del 2015/16 alle 1.373 del 2016/17 (con l’effetto Moscardelli), dalle 856 della stagione 2017/18 (quella della battaglia totale) alle 1.194 del 2018/19, chiusa con la sconfitta in semifinale playoff contro il Pisa. L’anno dopo, addirittura, si scese a circa 900, prima che la pandemia svuotasse gli stadi. Per il 2020/21 e 2021/22 la campagna abbonamenti non cominciò nemmeno.

Alcune curiosità. Nel 1966, subito dopo la prima promozione in B, si abbonarono in 1.782. Nel 1969, dopo il secondo approdo in B, la società staccò 2.081 tessere. Nel 1982, dopo il salto di categoria firmato Terziani-Angelillo, gli abbonati furono 2.329. Nel 2004, subito dopo la cavalcata di Somma e la sud in ricostruzione, il conto si fermò a 1.865. La storia dice che, in proporzione, quello dell’Arezzo è sempre stato più un pubblico da trasferta che da casa.