Bucchi a colloquio con Gilli durante la partita con la Samb

L’allenatore, che non è un integralista tattico, nell’ultima conferenza stampa spiegò che “fare benissimo una cosa sola ti rende prevedibile” e che “modificando, limando, aggiustando, si stimola la curiosità dei calciatori per spingerli a dare di più”. Due opzioni per il posticipo di lunedì: modificare il sistema e/o gli interpreti o puntare ancora sulle certezze

Cristian Bucchi non è mai stato un allenatore integralista. In carriera ha utilizzato più sistemi di gioco e anche ad Arezzo ha cambiato abito tattico a seconda delle necessità. E’ vero che il 433 è il modulo di riferimento fin dall’anno scorso, ma è capitato spesso che ci fossero variazioni sul tema, tant’è che la squadra ha giocato con il 343, con il 352 e il 442. La difesa a tre è stata schierata quasi sempre quando c’era da difendere il risultato mentre il 4231 (variante del 442) fu la chiave di volta per sbancare Ascoli: gli amaranto si posizionarono a specchio con gli avversari e prevalsero nello scontro diretto.

Bucchi ama il calcio offensivo, predilige i giocatori tecnici che guardano in avanti piuttosto che all’indietro e su questa filosofia è stato costruito e plasmato l’organico. Trattasi di una forma mentis che comunque non comporta andare all’arrembaggio o perdere raziocinio in campo, perché poi vincere o perdere è sempre questione di equilibrio nelle due fasi, nelle distanze fra reparti e nella capacità di leggere lo sviluppo delle gare.

Non a caso la settimana scorsa, in conferenza stampa, l’allenatore elogiò la sofferenza difensiva come passepartout per raggiungere l’obiettivo prefissato. Ok il palleggio, il possesso e l’aggressione alta ma le partite si portano a casa pure facendo fallo e resistendo dentro l’area di rigore. Sono postulati che Bucchi ha metabolizzato quando faceva il centravanti e affinato dopo aver cominciato a sedersi in panchina.

Durante quell’incontro con i cronisti, l’allenatore aggiunse un’appendice molto interessante al suo ragionamento. “In organico abbiamo calciatori molto diversi per caratteristiche, anche nello stesso ruolo: questa ci dà la possibilità di cambiare e giocare più partite. Sono convinto che se tu fai benissimo una sola cosa, alla lunga diventi prevedibile. Poi gli altri ti studiano, ti limitano e ti tolgono forza. Invece mantenere le stesse idee e però modificando, limando, aggiustando, stimola la curiosità dei giocatori e li motiva a dare di più”.

Bucchi si riferiva soprattutto all’input di utilizzare spartiti diversi dentro la stessa partita ma adesso, visto che qualche giocatore sta tirando la carretta da settimane e potrebbe aver bisogno di rifiatare, non è escluso che possano esserci novità dal primo minuto già dal posticipo con il Pineto. Novità che non riguarderebbero i princìpi cardine del gioco ma la disposizione degli uomini sul terreno o la scelta di qualche interprete. E’ vero che Bucchi ha puntato da subito su un’ossatura definita ma le alternative ci sono. E lunedì sapremo se è arrivato il momento di limare, come spiegò con la consueta arguzia in conferenza stampa, o se la continuità resta un porto sicuro da privilegiare.