Mirko Conte durante gli allenamenti della Juventus NG a Vinovo

L’esordio a Venezia, l’amicizia con Abbruscato e Bressan, le 133 presenze e la fascia di capitano, quella volta che Gillet gli negò il gol, il carattere da leone e la famiglia che ancora vive in città. Storia aretina di un difensore che al Comunale ha lasciato il segno e che adesso è il vice allenatore della Juventus Next Gen

C’è un vecchio amico sulla strada dell’Arezzo. Un amico che ha indossato per 133 volte la maglia amaranto, che ha portato al braccio la fascia di capitano e che al Comunale ha vissuto sia l’ebbrezza di un sogno chiamato serie A che la delusione della retrocessione in serie C. La storia di questa società è piena di montagne russe, di destini che cambiano da una stagione all’altra e il primo decennio degli anni duemila non fece eccezione.

Mirko Conte, classe ’74 come il numero di maglia che vestiva ad Arezzo, ha visto sfilare sotto i suoi occhi Marino e Tardelli, Gustinetti e il suo omonimo Conte, Sarri e De Paola, Cuoghi e Fraschetti, Cari e Ugolotti. Era un periodo in cui gli allenatori venivano macinati a ritmi da record e forse è anche per questo che i risultati restarono al di sotto delle aspettative. “Il gruppo di quegli anni ha dato tanto, anche se non ha vinto – disse Conte in una intervista ad Amaranto Magazine nell’ottobre del 2009. I nostri problemi non venivano dall’interno ma da fuori. Se penso a come è stato gestito il contorno… Certe tensioni hanno influito dentro lo spogliatoio”.

l’abbraccio con Gustinetti dopo la vittoria sul Cesena nel maggio 2006

Ex terzino trasformato in difensore centrale, era arcigno, fortissimo in marcatura, un lottatore. Il meglio di sé lo dava quando si incollava all’avversario, tant’è che in suo onore veniva esibito un due aste che ha fatto storia: “con il rosso non si passa” c’era scritto. E comunque non è così vero che avesse poca tecnica individuale, come si sosteneva all’epoca. La sua carriera parla per lui: 131 presenze in serie A, 243 in serie B, vissute in piazze importanti come Sampdoria e Napoli, Piacenza e Vicenza, Venezia e Messina. All’inizio e alla fine i due antipodi: Inter, dove tutto è cominciato, e Colligiana, dove ha appeso le scarpe al chiodo.

In amaranto debuttò il giorno della befana del 2005, a Venezia. L’Arezzo vinse 2-1 con i gol di Spinesi e Abbruscato (“Elvis e Bressan sono miei amici, abbiamo caratteri simili, andiamo d’accordo”) e non fu soltanto l’inizio di una lunga parentesi calcistica ma anche di una profonda esperienza di vita. Conte ad Arezzo ci torna spesso perché qui vive la sua famiglia, comprese le due figlie, e con l’ambiente non ha mai interrotto i rapporti: “In amaranto sono stato benissimo, anche se ho sempre avuto la sensazione di non essere capito fino in fondo. Non parlo del Conte calciatore, bensì del Conte persona. Ho un carattere forte, non le mando a dire, a volte per questo ho avuto problemi anche con gli allenatori. Diciamo che in pochi mi hanno compreso completamente”.

Gillet nega il gol a Conte in Arezzo-Bari di serie B

Quattro stagioni e mezza al Comunale e nemmeno un gol, piccolo cruccio senza spiegazioni razionali: “Forse è dipeso dal fatto che ero più cattivo nella mia area di rigore che in quella avversaria. Ricordo che stavo per fare gol al Bari, di testa, invece Gillet fece un paratone e finì 0-0″.

Mirko Conte, dopo aver smesso di giocare, ha studiato da allenatore con ottimi risultati. E’ partito dal basso, seguendo un percorso non comune di questi tempi, ha iniziato con le giovanili del Modena, quindi ha collaborato con Mario Palazzi alla Lupa Castelli e al Foligno, nei dilettanti. Poi si è fatto una bella full immersion in Svizzera, al Sion e al Lugano, sempre con il ruolo di tecnico in seconda. Oggi è il vice allenatore di Massimo Brambilla alla Juventus Next Gen, dove è arrivato nell’estate del 2020.

Sabato per la prima volta affronterà l’Arezzo da ex. Senza i tifosi amaranto, in uno stadio semivuoto, non ci sarà una grande atmosfera. Per l’emozione dell’amarcord, dei ricordi da rimettere in vetrina, di una botta di nostalgia da sentire nel cuore, è tutto rimandato alla partita di ritorno. Quel giorno, il 30 marzo 2024, anche un duro come “il rosso” potrebbe concedersi una lacrimuccia da far scivolare in mezzo alla barba.