Sandro Tovalieri oggi compie 60 anni

Gli anni di Arezzo, i gol, l’infortunio, Maradona, Dell’Anno e quel dialogo con Pilleddu. Compleanno speciale per il Cobra, con il cuore di tanti colori e una sfumatura più intensa d’amaranto

Croce e delizia, genio e sregolatezza. Era impossibile non volergli bene, non applaudirlo quando dentro l’area mordeva come un cobra. Era impossibile anche non mandarlo al diavolo quando si metteva le mani sui fianchi e si defilava dalla lotta, indolente come pochi altri. Bomber vero, attaccante vecchio stampo con il fiuto del gol, con un talento sopra la media e una carriera che brilla di luce autonoma, come tutte le cose conquistate con le proprie virtù, senza aiuti, senza spintarelle. Avrebbe potuto spaccare il mondo se solo avesse voluto, se solo non si fosse distratto con le tentazioni della vita, se sfortunatamente non si fosse rotto il ginocchio.

Romano, romanista, sbocciato nella sua squadra del cuore e poi sedotto e abbandonato, girovago per l’Italia in cerca di gloria, su e giù per le montagne russe di un ventennio passato da mille crocevia, alcuni imboccati nella direzione giusta e altri in quella sbagliata. A caccia di una stabilità mai raggiunta veramente e con una sola, incrollabile certezza: la porta avversaria. Come tutti i 9 di razza, sapeva sempre dov’era anche se non la vedeva. La sentiva, la percepiva, si prendeva un metro di spazio e il pallone lo metteva lì, in mezzo ai pali, sotto la traversa.

Ad Arezzo ha giocato, ha lottato, ha sofferto, ha segnato, ha vinto poco. Si è guadagnato il rigore che Menchino sbagliò contro il Campobasso, ha battuto l’angolo dal quale è nata la rovesciata dei sogni. Ha vestito questa maglia 92 volte, ha firmato 30 gol, ha lasciato un crociato sul campo, ha formato con Dell’Anno una delle coppie più raffinate di sempre, plasmata dall’acume di Benvenuto che li rilanciò entrambi e li rispedì nel grande calcio.

Avellino, Pescara, Ancona, Bari, Cagliari, Sampdoria, Perugia. Ovunque lo hanno vezzeggiato e rimbrottato ma alla fine sono stati più i buffetti degli scappellotti, che a uno come lui potevi pure perdonarla qualche licenza, non poetica ma caratteriale, dovuta all’esuberanza, alla schiettezza, alla frenesia di giocare e di vivere a cento all’ora.

Ha il cuore di tanti colori, tanti come le squadre in cui ha militato, ma a poterci guardare dentro si scorgerebbe una sfumatura più intensa d’amaranto. Qui è diventato uomo, ha forgiato la tempra del ragazzino, ha spiccato il volo. Una notte d’agosto, in amichevole contro il Napoli, la mise all’incrocio con un tiro così bello che fece sobbalzare il Comunale. Si alzò anche Maradona, che in quel primo tempo stava in panchina: si congratulò, poi entrò e fece doppietta. Ma questa è un’altra storia.

Un anno fa è venuto a teatro, invitato da OA. Ha parlato di sé, della sua storia, dei sogni realizzati e di quelli infranti, degli obiettivi che gli restano da raggiungere. Aveva Pilleddu seduto accanto e quei venti minuti di dialogo, improvvisato dal nulla, sono stati una delle rappresentazioni più aretinamente appaganti di sempre. Oggi Sandro Tovalieri compie 60 anni. Auguri a un centravanti di strada al quale era ed è impossibile non volere bene.